Salvatore Leone – Un giglio

Nel tuo giglio dormiente

si distinguono grazia e il pomo d’Adamo

che tremola, dal guanciale a un nome più grande

lontananze d’aria ferma, che neanche il santo

poté saggiare dolcezze morte sul collo.

Si mettono a catena gole bianche,

la fronte diventa buon muro dove

poggiarsi a lamento e cantare.

Avrei voluto morderti al sonno, dove

ebbero origine eco stanche, giochi malati

di un dito all’ombelico e la rosa.

Avrei potuto gridare, se vederti impazzire

con occhi spalancati e rossi, sarebbe poi tutto,

luce che rovina il costato.

Mi piego acqua di spoglie orizzontali

a placarne le bocche insonni.

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