[Fui messo al crocevia tra il vento pazzo e il vento pilastro.
Ridevano tutti. Ne soffrivo. I chiodi erano lunghi.
Certe donne mi facevano annusare il latte
per sottrarmelo. I maschi spingevano di fianco.
Si piange per lo squallore del fuoco che aizza le vene
dei codardi ma ogni battaglia mi ha messo in salvo.
Io li vedevo così, come in una lente il cui filo
di mercurio bruiva a ogni perversione.
Era una piazza pubblica e le donne, con le mandibole
morse dall’ingiuria, sbraitavano oltraggi popolari.
Vedevo la mia testa, se la lanciavano come un frutto.
Cantavano inni. Il mio sputarmi nella beffa di un’orda.
La rabbia formava trombi nei polsi.
Mi conforta il dopo dell’odio, la mia testa che trema.
Lo scherno del fiore di ramo al fiore di siepe.
Mi hanno schiodato ed è stata la fine.
Mi sono incamminato senza forze. Non ho potuto
far dormire i morti in un silenzio decoroso.
*
Tra i sonniferi, sul davanzale, si ragiona
pensando a un liquore secco, al comodino libero.
Ora : quando sei ora? Ora: quando sei ora?
Si indispettisce chi cancella le proprie assenze.
*
Perché passi una mano di turchese
sul mosaico? Vuoi indagare sul chiasso di ricreazione
con cui hanno coperto gli ostelli dei fuggiaschi a Bisanzio?
Non vedi i mezzibusti coniugare il modo infinito
del verbo di morte? Hai un compagno con cui fumare
nel tuo orto? O vedi lettori mangiarsi le frasi?
Nel tuo paese la moda concilia lo stilita? Virgilio è ancora un principio di genesi?
Non spettinarti. Compra un campo e semina
se Venezia manca. Quanti pacchetti di sigari
dovrò spedirti? Sei certo che le provviste non giungano
dimezzate? Hai un piumino e dei calzoni di lana?
Ti fanno ascoltare il Tè Deum nel padiglione invernale?
Sorridi ai miopi che non sanno usare spago e coralli?
Sara necessario fare un nome per chiamarti?