“Per questo l’uomo abbandona suo padre e sua madre e si unisce alla sua donna e i due diventano una sola carne”
Genesi 2,24
*
Quale strada grava
sulle spalle, di vetro frange
l’eco
in mille misure.
Nelle sere di maggio
c’è un tremolio frenetico
agli incroci.
L’unico chiarimento
di vita è sul tavolo
nel
mezzo.
*
Hai steso delle briciole
per giorni di pioggia, le finestre
d’occhi curiosi il respiro
si è riposato l’indomani.
Abbi
cura del silenzio
d’estate la memoria
si adagia sui lati
di una scelta mancata.
*
La montagna attende da un secolo
l’inverno: non è mai abbastanza
la cura con cui tutto è al suo posto.
Il sentiero è ripido
e non ci sono alberi;
il cambiamento porta scissione
scelta e lontananza,
conduce l’animo
nella foresta:
la strada di ritorno si trasforma
insieme
all’andatura.
*
La carne richiama all’origine,
e si diventa quasi uomini.
Il legno diventa ponte
e l’aria si profuma all’incontro,
una mano si porge nel mistero
proprio come ieri, in solitudine.
Lo sguardo segna un legame nuovo
e quello vecchio è una radice da staccare
così il seme viene donato
in un giorno qualunque – in silenzio:
nelle ore notturne
s’arricchisce il fiore
spuntato per caso, sul tocco
di una carezza,
di
una carezza.
*
Il sentiero
si adagia tra i fili erbosi
come vento disegna il volo, a
memoria
si torna in quel posto
fatto di movimenti continui:
i tigli hanno ombre lunghe
e le case sono poche.
*
Il funambolo è caduto, in equilibrio
tra i rami uguali su concessione
della notte.
La corda era resistente
paragonata al tronco, e le risa
allo scrosciare non hanno udito
il senso.
Si dilegua la folla, in silenzio
così la storia si ripete
e qualcuno perde la lacrima
greve,
il giorno dopo il sole sorge:
d’altronde la vita
sembra
continuare.
*
Sei divenuto viandante, nessuno
ha chiesto il tuo nome
perché le tue gambe
sono cresciute per i sentieri.
Tra le case isolate
– solo –
hai chiesto il prezzo
di una stanza:
era così poco
rispetto alla solitudine
ritrovata.
*
È stata
la notte – non ricordo
che l’albero aveva radici
ben piantate sulle pendici.
I passanti erano schegge, aculei
sui terreni dove con mio padre
avevo sepolto le parole che non ci siamo
detti, però le ricordo bene:
ho creduto di stare intorno
al fuoco e raccontare una leggenda
ma è stato solo un fallimento,
la pioggia è caduta come
un giorno qualunque, sulla fronte
e sulle case.
“Ancora in germoglio, non pronto
per il taglio,
si secca prima di tutte le altre erbe.”
Giobbe 8,12
*
Nella piazza c’era il rumore
dei musicanti, senza tempo
cambiavano volto
alle madri senza figli,
-non pensare al tuo grembo-
il marciapiede era stretto
per restare seduti, perduti
tra i tombini si è fermata
la foglia e una moneta:
ci sono quasi tutti
e così
ci si dimentica dei sussurri
e del dono di dare germogli.