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Luigi Finucci – Otto poesie

Per questo l’uomo abbandona suo padre e sua madre e si unisce alla sua donna e i due diventano una sola carne”

Genesi 2,24

*

Quale strada grava
sulle spalle, di vetro frange
l’eco
in mille misure.

Nelle sere di maggio
c’è un tremolio frenetico
agli incroci.

L’unico chiarimento
di vita è sul tavolo

nel mezzo.

*

Hai steso delle briciole
per giorni di pioggia, le finestre
d’occhi curiosi il respiro 
si è riposato l’indomani.

Abbi cura del silenzio
d’estate la memoria 
si adagia sui lati
di una scelta mancata.

*

La montagna attende da un secolo

l’inverno: non è mai abbastanza

la cura con cui tutto è al suo posto.

Il sentiero è ripido

e non ci sono alberi;

il cambiamento porta scissione

scelta e lontananza,

conduce l’animo

nella foresta:

la strada di ritorno si trasforma

insieme all’andatura.

*

La carne richiama all’origine,

e si diventa quasi uomini.

Il legno diventa ponte

e l’aria si profuma all’incontro,

una mano si porge nel mistero

proprio come ieri, in solitudine.

Lo sguardo segna un legame nuovo

e quello vecchio è una radice da staccare

così il seme viene donato

in un giorno qualunque – in silenzio:

nelle ore notturne

s’arricchisce il fiore

spuntato per caso, sul tocco

di una carezza,

di una carezza.

*

Il sentiero si adagia tra i fili erbosi
come vento disegna il volo, a memoria
si torna in quel posto
fatto di movimenti continui:
i tigli hanno ombre lunghe
e le case sono poche.

*

Il funambolo è caduto, in equilibrio

tra i rami uguali su concessione

della notte.

La corda era resistente

paragonata al tronco, e le risa

allo scrosciare non hanno udito

il senso.

Si dilegua la folla, in silenzio

così la storia si ripete

e qualcuno perde la lacrima

greve,

il giorno dopo il sole sorge:

d’altronde la vita

sembra continuare.

*

Sei divenuto viandante, nessuno

ha chiesto il tuo nome

perché le tue gambe

sono cresciute per i sentieri.

Tra le case isolate

– solo –

hai chiesto il prezzo

di una stanza:

era così poco

rispetto alla solitudine

ritrovata.

*

È stata la notte – non ricordo
che l’albero aveva radici
ben piantate sulle pendici.


I passanti erano schegge, aculei
sui terreni dove con mio padre
avevo sepolto le parole che non ci siamo
detti, però le ricordo bene:
ho creduto di stare intorno
al fuoco e raccontare una leggenda
ma è stato solo un fallimento,
la pioggia è caduta come
un giorno qualunque, sulla fronte
e sulle case.

“Ancora in germoglio, non pronto

per il taglio,

si secca prima di tutte le altre erbe.”

Giobbe 8,12

*

Nella piazza c’era il rumore

dei musicanti, senza tempo

cambiavano volto

alle madri senza figli,

-non pensare al tuo grembo-

il marciapiede era stretto

per restare seduti, perduti

tra i tombini si è fermata

la foglia e una moneta:

ci sono quasi tutti

e così

ci si dimentica dei sussurri

e del dono di dare germogli.

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