C’è un posto sotto il castello
dove la mia anima si ricongiunge,
ricordi? Ti ho fatto sedere
sul tetto, abbiamo guardato, in tempo,
le stelle, prima di arrenderci al freddo
o alla voglia. Ti sei chiusa in camera. Ora
la lingua tua batte sul palato e affila spade.
Un dilemma di polsi che sfuggono alla presa
via via che stringe. Velocemente ti cambi,
il legno della porta è vecchio e tradisce
la tua voce il bianco, quella mano di bianco
che gioca a separarci quando rincasiamo. Nasce
ogni liturgia da un canto:
la tua parola è sola e appartiene alla notte,
la notte che ci vide vinti, la notte
che guarisce nel sangue la nevrosi; noi
beviamo della stessa sete. La piaga
è ovunque e tu non vedi. Il letto notte
dopo notte, lui, si divide, noi
coliamo a picco nudi e sciagurati. Non badi, tu
a questo oceano di simboli: in questa dolina, noi,
– vorrei fondermi a te – siamo solo vicini. Tu
non badi a questo. Abbracciami forte, stasera,
perché domani me ne andrò
ed io non conosco che addii.
Dio invidia questa abat-jour
e il quarto giorno inventa il sole.
Gabriele De Simone – Versi
