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Anna Giulia Panini – Cinque poesie

I
Dov’è il giardino stanotte, dove
la colombina dagli occhi di rubino?

Anche gli angeli insonni si acquietano
sul mio petto e odono quest’assenza

anche la pietra rubia, sotto il mio piede,
è immemore ed è immota.

Io stessa sono silenzio e ombre
forma d’amore nuda
senza tempo.

Questa è la grazia: che tacciano
le voci per un poco, dorma
il mistero, ci accolga un nido
dove posare il capo
e poi domani, ancora, il vaticinio.

II

Lei dice che accadono
di marzo tutte le cose
che devono venire a compimento.

Io stessa a volte covo
un sentimento di giorni
blu pavone e di lanterne
non solo miei, non solo.

E nonostante l’enigma
soverchiante e lo sfacelo
a venire dei meli, dei susini
e degli amplessi permane

quest’attesa di bruciare
come amorose vampe
alchemico mercurio
il Kundalini.

È nello scrigno di pietra
che dormono i segreti
da svelare e noi
li rincorriamo, ciechi
a mani tese, mai persuasi.
Come di marzo, i cieli.

III

Andavano di corsa le campane
al tempo dei miei calzettoni gialli
quando bastava poco, un merlo
un passero o un ramarro
a contenere ogni presagio dell’arcano.

Tutto era varco per l’eterno
là dove non era nata ancora
l’idea pungente del sapere
o peggio, la sua fascinazione.

Il vero è un pozzo
in cui non ci si specchia
se non al nascere
e dopo, nel morire.

Qui, nel recinto di mezzo
pascoliamo, taluni a caso, altri
convinti dei punti cardinali.

IV

Di certo sarò
di quelli che cadono.

Non ho cardato lane per la filatura
o foderato di pelliccia il mio mantello.

Piuttosto ho amato contemplare
l’agnello tiepido di latte e il suo candore
ho aperto invece le porte superiori
traendone visioni e accecamenti.

In tutto l’affannoso avvicendarsi
gli amori repentini e le paludi
i paradisi, le sfere di cristallo
ho avuto sempre lo zingaro
sul cuore a gemellarmi
all’altrimenti e all’altrove.

Di certo cadrò
come cadono gli aironi
l’angolo retto del collo
il perpendicolo senza più vertigine
il tonfo piccolissimo nel cosmo.

Dicono che mi sveglierà tra mille anni
da un sonno fossile nell’ambra
chissà quale bacio futurista.

V

Non uso la parola angusta
in tutte le sue fredde cromature
ché abbiamo un solo nido
io e le cince.

Morbida piuma al tocco si fa segno
e traccia l’algoritmo della gioia.

La poesia è un presepe in divenire.

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