Da Fiori estinti (Terra d’ulivi, 2019)
*
La stanza
Si ammala la parola, le mie
vertebre si curvano in silenzio.
Non piove che acqua sporca,
e questa stanza è troppo bianca:
morirò nel singhiozzo delle allodole.
*
Un salmo usurato
Comando che il tuo cuore tossisca
timido, tra le mani degli angeli.
Poiché non fui che un salmo usurato;
il profeta dei morti e il fanciullo
che invoca perdono dai fiori,
chiedo in questa veglia la parola
che ci salvi dall’inverno e faccia casa.
*
Nella torre
Nella torre la lingua mi respinge
al precipizio della sillaba e fa polvere
del nome, sbriciolando
l’inverno che abitò la terra santa.
Ora le vie del canto sono aperte:
vengano i fiori e tutte le creature
a sputare sui miei versi; accorrano
alla soglia innominabile che al buio
dal buio accede e sta sventrando.
*
Betlemme
Betlemme la incendiammo
e saccheggiammo, in un tripudio
di angeli incerti, con in bocca
fiori e sabbia e profezie.
Avevamo lampi nella lingua,
vocali che abbagliavano e schiudevano
le vene alla salvezza,
ma eravamo umilissimi stallieri
contro angeli feroci, contro assurdi
manifesti d’altri mondi.
Compimmo un giro attorno al fuoco,
stelle e acciaio si scioglievano, e ne venne
un fetore da tradire primavere
e fioriture. Fiorire! Dalla bocca
degli angeli gli steli si incastravano
ai cieli, li strappavano
e ridendo ne scheggiavano le sfere.
Betlemme la incendiammo
e dall’ustione fu la croce:
i profeti muoiono bambini.
*
Conclusioni
Ho conosciuto la noia del vino,
gli uccelli malati, e sono
saltato nella loro tosse.
Ho visto stranissime commedie
di angeli impiccati, di vacche
nere che cacavano
sui fiori per macchiarli.
Ho contato quanti storpi
si rompevano le ossa, ma le ossa
che non c’erano, e tutti in cerchio
si scambiavano le schegge.
Ho visto Cristo lussurioso inginocchiato
tra gli apostoli: ho capito
che gli dèi sono indecenti, e noi
raccogliamo il brodo con le mani.