Loriana d’Ari – Poesie

Letargo

Ti addormentavi sghemba tra il geranio e la ringhiera.
Sussurravo piano il tuo nome, per non svegliarti
e tenerti in vita.

A volte nevicava, e avevo paura.

Poi, un mattino, bussavi discreta
alla finestra col tuo carapace,
e ti correvo incontro, cuore in gola
in mano un pezzetto di mela.

Ti lasciavi accarezzare, mite e rugosa
come la più amorevole delle antenate
sbattendo
al rallentatore
palpebre millenarie
gli occhietti scintillanti lungo sonno.

*

Avessi dato ascolto alla pioggia,
come s’avvinghiava nei vestiti,
ci tuonava nelle ossa,

non avrei avuto così tanta
paura di perderti.

È che l’occhio nulla sa della velocità
di pulsazioni spinte all’estremo,
né d’infinitesimali soluzioni di continuità
le confonde con l’eterno,
nel bagliore psichedelico del lampo.

E mi accade a ogni temporale,
questo miracolo così ordinario:
l’istantanea
d’essere e divenire
ovunque una folgore squarci
la trama, in una smagliatura del tempo.

*

Conosco il richiamo degli oggetti
cui non posso rinunciare
che non so portare addosso

hanno peso e spessore d’altro corpo
a distanza di salvezza
e trascinamento

vivono sotto stretta sorveglianza
abitano spazi tridimensionali
che lasciare è morire.

Poi, d’improvviso si fanno
sfondo silenzioso,
fluido ricambio d’ossa,
linfa vitale del respiro.

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