Qualche volta ho bisogno di morire,
disse. E i capelli si sciolsero in corvi.
*
Solo un essere frantumato può avvicinarsi a me. Devo sentire le fratture e portarle al limite. Mi ciberò di quel che resta. Sarai la cura o l’agonia. Avremo un giardino e ci pianteremo il mare. Nell’acqua saremo schegge. Di tutti i frantumi abisso.
*
Tu sei la ferita
io l’impero
cerimonia di carne
ci scambiamo
il nome.
*
Vado incontro al sottosuolo, ed è come li chiamassi, venite a me, esseri del sottosuolo, dicono gli occhi. O forse è l’afrore che emano. Loro arrivano e possono mangiare. Quando avranno finito ci sarà il deserto. Saranno colmi di rabbia per aver divorato i resti. Saranno di nuovo spaventati dalla luce. Io
non vorrei ritrovarmi ogni volta a fare ammenda. Se fai di me polvere accontentati della polvere. Se fai di me una ferita non distogliere lo sguardo dal sangue.
*
Ho paura che i fiori siano ringhiere,
l’innocenza del sangue
stilla ancora, la prima notte e il cielo,
catturo falene nel vestito rosso,
ho nascosto l’imbrunire nella cesta dei serpenti.
Oggi chiamami altrove
e insegnami a morire
senza piaghe.