Keiko Ogura
A otto anni il mondo è tutto in uno specchio
io lo guardo
lui mi guarda
fuori il mondo è l’oro del sole.
Lui è uno, io sono una e trina
sono mio padre e mio fratello
e poi sono il ramo che scende verticale
da un albero cresciuto male
A otto anni non sai come
uno specchio possa schizzare
lo impari piano
con le palpebre che fanno male
A otto anni esci di casa come sempre
(tuo fratello spia il disastro dalla collina)
i vestiti sono a brandelli
non sai niente di fisica quantistica
E vai, corri da chi non può che elemosinare
l’acqua che plachi la doglia, uccida fatalmente
a otto anni uno sbaglio è qualcosa di normale
A otto anni non conosci ancora
la legge della bomba atomica, della vita.
*
Vivevo in una casa di legno
ai margini dell’acqua
il porto mi sorrideva da lontano
prima che la furia planasse
come vertice di se stessa rinnegando se stessa
in quel momento preciso
mi schizzarono gli occhi dallo specchio
mentre le cose si moltiplicavano
io
planavo nel centro
la furia planava dal cielo
la mia anima schizzava in quella di mille altre anime
tutti ci moltiplicavamo
è stato
come se un dio pazzo
avesse deciso di mettere la vita su un cavallo impazzito
è stato
il mare l’ultima cosa che ho visto
ma prima la carne che si arricciava sulle braccia
e prima ancora quel rosso, il rosso numerico
(la matematica del più, dell’aggregazione, il brodo primordiale che ha cantato l’inno della vita e della morte, l’accelerazione della materia, il nulla che crea più di quanto possa, la vita che per definirsi distrugge altra vita, il raddoppio, la parabola in salita)
80 mila anime volate in cielo, 80 mila brandelli di me