Scivola sulla pietra incisa di montagna
il riverbero, l’eclissi di luna.
Chissà che dall’arenaria compatta
non possa un reduce venire alla luce,
tagliare una via
tra le falde, urtare
il tiepido sonno della foresta.
*
Non si alzeranno, lo sai, gli abeti
dopo l’urto della frana.
Ogni radice scoperta
ha il suo tronco spezzato,
ogni crepa il suo ordine il suo estraneo
motivo.
Sbrighiamoci prima che affiori la scorza
del torrente, che trapassi quell’ultima
grinza di luce
nella fredda spuma della cascata.
*
A Fabio Pusterla
Che cos’ha in comune con noi
questa frangia di Alpi
capovolta che ci aspetta da secoli?
Le sue incurvature, la roccia tagliente
mandano talvolta segnali, bagliori
sinistri e seducenti, attendono quiete
il momento propizio.
Verrà un giorno una nube di aria
e di terra, si staccherà lucente
dalla montagna, verrà
a riprendersi quel che le appartiene –
la pietra il legno le case il torrente –
e noi con lei transumanti in un sonno
perpetuo: la fatica, il vento,
la neve.