Foto di Barbara Fiorenzola
Torniamo dove abbiamo perso l’uomo
nel grido devastante di radici
che sgretolano il nero dell’asfalto
ricominciamo a navigare a vela
fin dove il vento chiama il nostro nome
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I morti non chiedono acqua né cura
un cimitero è affare dei vivi, mi sgomenta
la tenerezza di mani che nettano il marmo
ma rimangono in tasca se due occhi sdruciti
chiedono un morso di pane, la moneta
pI morti non chiedono acqua né cura
un cimitero è affare dei vivi, mi sgomenta
la tenerezza di mani che nettano il marmo
ma rimangono in tasca se due occhi sdruciti
chiedono un morso di pane, la moneta
per un bicchiere di vino, uno sguardo, il saluto.
Chiudiamo bene le porte se è la vita che bussa
più semplice aprire il vangelo alla morte
battersi il petto in ginocchio sui ceci
oppure due soldi per un mazzo di fiori,
anche così la coscienza è pulita.
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Siamo naufraghi nell’aperto del mare,
qualcuno di noi ha trovato uno scoglio
ma i figli, questi figli con le unghie tenere
inadatte alla pietra, le bocche ancora aperte
disposte alla meraviglia, questi figli cresciuti
da onde anomale venute a invadergli cuore e cervello
questi figli nati nel fango, nel fango dovranno trovare
la strada, al di là delle barricate, al di là del mare.
Questi figli
non lasciamoli agli squali, alle meduse
le vedi
le ustioni sulla carne bianchissima
di chi crede nel sogno?
Ho visto mille papaveri sui binari di ferro,
quando ho sentito il rumore del treno
si è fermato il respiro.