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Maria Pia Dell’Omo – Inediti da “Corpo di dolore”

il mio braccio psichedelico è stato a Woodstock

però senti dalla mia mano che non sente
la mia pelle calda – che non sento – sul tuo viso
tu mi sorridi
ed è come se mi avessi appena accarezzato il cuore
– che sento battere all’impazzata

con questa mano, che mi dà tanto dolore,
riesco a regalare ancora cose belle.

questo voglio sentire
che non ho fatto della rinuncia
un motivo per amare di meno

*

10 ottobre 2017

Un giorno me ne andrò
dove tutto farà meno male
e non riposerò tra stelle mute, di sale,
ma in un oceano d’acqua dolce,
liquido di madre – rinascerò, cellula
contro cellula, in un aborto infernale.
Capovolta, vedrò la vita, nuovamente pulita
e immacolato il mio sorriso sdentato
racconterà il tragitto
a quella voce rotta di gioia e pianto
che mi chiederà: «Da dove sorgi, o tu, Bellezza?»
Dall’Inferno, vorrei dirle, quando cinque dita
si serreranno sulla sua areola, avide di splendore.

*

vomere

Ho dissodato col vomere
e le mani sangue-stinte.
Secco, questo nutrimento per il mio germoglio
mi abbevera oltre il recinto – la teca per il Serpente.
Sono mistico groviglio e i fittoni divengono tuberi d’Avorio – il materiale
è plastico e cioè duttile, non sintetico! – in divenire.

Spogliati, come solo tu sai spogliarti,
come una Nebbia che, bambina, abita tutti i luoghi in cui la respiro.
Fiore del divenire in eterna radice,
nebbia di calice, amara coppa
a forma di granulo da cui spremere,
come un olio santo,
la Vita che è (in) Noi.

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