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i fantasmi della casa in disarmo
disserrano gli infissi
non si sente la voce il lume non si vede
e lo spettro non è
un barbarico
urlo di poesia
forse colti nel sonno tutti i gesti
ricomporranno armonie più pronte
alla concertata comprensione dei manuali
una lingua universo un’armonia
senza più i connotati
di gravità
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si affaccia alle densità
poi si ritrae
pensiero in una ghiaccia
uno stato vetroso
con le mani nascoste
rarefatto il discorso l’ordine
sussurra una risposta
quasi il timore sacro di una verità
ma se ti porgo sonde di parole
le completi di fossili
multipli approssimati di te stessa
soggetto fittizio e fluttuante
mai definitivo
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il tuo sorriso gengivale
è balcone da cui osservo la mia notte
il suo impossibile materia stellare
l’agglomerato in transito dentro la stanza
i feltrini attutiscono
il protocollo del caos
sul pavimento
e le tue mani cercano gli occhiali sopra i visi
sporcano a mosca cieca la visione
la schermatura intollerata
l’ipermetrope moltiplicazione
dell’occhio sconfinante
*
Grazie a G. Ibello per la cura e la segnalazione