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Christian Sinicco – Poesie da “Alter”

foto di Daniele Ferroni

[NOME : avvio alfabeto fuori]

alter è il mio nome,
non progettano più automazioni
macchine del più che volevano il cielo,
macchine del più, voluminose e volanti

io posso camminare e ho visto una fragola:
nei campi della produzione
ha i segni di una ferita,
sarebbe un alfabeto fuori di sé
fino a toccare le sue prime parole,
ha il sapore della bocca
mentre è contro di me,
tocchiamo il suo viola
noi sbocciati sopra gli occhi

piove così forte,
tu sosta in uno splendido rosa
e matura l’idea
fino a toccare la magnolia
che non sa perché
l’ondaluce se ne va

*

[MACCHINE : assimilazione innesti 2]

la vetroresina è nella pancia
e suonano i buchi neri,
organi di stelle, dormono epoche,
guardando tessiture, rive e gocce
di sole, e dinamiche di abbagli
intermittenti: macchine del più
sussurrano il tuo » saresti infinito «
e si dirigono oltre quasi
accecate, in direzioni opposte
rivedendo la prima trasmissione,
film nerisgranati, e radiotracce
– noi siamo un guscio, noi siamo identità
solamente riavvolgendo il passato:
questo è il concetto di tempo che dà forza
e attaccamento alla vita, eppure l’ascolto,
eppure zigomi assetati e allagati,
eppure il succedersi di foreste
e frenesie di spazi, strati di rocce,
di viadotti… Come l’agile tigre,
legato dalle antiche bucoliche,
hai vissuto spesso nell’animale
ferito, o in cattività e quasi
guardi fuori di te, sopra
prima che questo senso
che si innesta scompaia
è la notte e nel bosco

solo lucciole che ti fanno amare

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