Giorgio Anelli – Poesie da “Lampi dall’esilio”

chi è questa gente che non ti saluta
se non sei più dei loro,
perché ti dicono che sei voce fuori dal coro

ammettilo, ti è bastato poco
di quel mondo di lustrini;
di questa repubblica delle lettere
che ancora trema davanti ai nostri versi

‒ sto qui, nel deserto del foglio,
vivo esiliato,
costretto a non
presentare più i miei libri

dopo i primi rifiuti delle
grandi case editrici…
dopo il manicomio… mai
avrei pensato a un’indifesa
indifferenza,
eppure accade

sono ormai un “imperdonabile”

*

Sofia

Stavamo nel lampo,
tra nuvole basse
e vento

Sophia mi è accanto,
scioglie i baci

Ladri d’amore
nella luna sanguigna,
i tuoi occhi
ricordano
ghiacciai disciolti

Sophia cavalca il genio
con un bacio rubato.

ghiacciai diventano
laghi, e castelli vi si
conficcano dentro

Siamo immortali a noi
stessi ‒ qui dove un fiume
porta il nome del Giglio

per te aspetto
la fine del mondo

sonnambulo, irrequieto

Sappi che ho abbandonato
i miei versi nelle rapide
del fiume, che porta
il nome di un fiore

quasi ad affogare
i tuoi incubi d’amore

a Obre Platz
fischio alla luna,
le piango addosso

Non permettere ch’io dimentichi
i nostri attimi
Lettere, di questo abbiamo bisogno…
di compagnia, amore, e di lettere.
Altrimenti, sparire. Diventare inedito.
Lasciare un lascito.
essere fantasma sonnambulo
per il dio ignoto dei tuoi umori,
calpestando piazze lastricate
nel giorno e nella notte.
divenire inarrivabile,
ambìto dal destino

*

io che non so più
dove abitare
in quale cuore,

dobbiamo rifletterci
nei lampi di Giove

*

a Veronica Tomassini

scrivono che sembro
uscito da un secolo disperso,
mai accaduto

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