Stafania Onidi – Poesie da “Archivio del bianco”

Alla fine si negano gli occhi
la scena si svuota
lei non ha un odore
rivestendosi si copre il seno con un braccio.
Lui invece è un feto.
Loro non si riproducono.
Nel cortile interno fingono.

Qui manchiamo il bersaglio tutti i giorni.
La tivù dei vicini ci dà in pasto al silenzio.

*

Clean

Poi si lava le mani nel lavello dello studio.
Aspetti sul lettino
di ferro e non ti rivesti
perché guardi il rubinetto il camice e il gettito moderato dell’acqua contro il bianco
della stanza
prima delle parole. E non vuoi parole.

Da piccoli quando si ama la neve non si pensa al freddo
si educa a questo sguardo puro
sul niente.

*

È andato via
si dice di uno quando è morto.

È andato via senza pensare ai vestiti
non ha chiuso valigie
non ha scelto mezzi
nemmeno i suoi piedi.

Gli altri a volte si spartiscono la roba.
Aprono stanze
nelle stanze armadi
negli armadi cassetti
scatole.
Con le mani abbassano le palpebre.
Parlano al buio, riscrivono la scena finale.

Rimbomba il saluto che non hanno dato.

*

Obitus

La stanza rigettava il peso
del silenzio sulle nostre pupille.
Desideravamo il paradosso
del miracolo: il tuo sorriso con qualche anno in meno.
Dentro la cassa eri bambola di Marie Tussaud
viso incapace lontano dalla carne
corpo definitivo nelle nostre storie.
Mentre alitavo nelle tue mani un bacio
il ragazzo cinese abbassava le serrande
qualcuno immortalava il cielo di Milano.

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