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Davide Gismondo – Poesie

Memoria del sottosuolo

La cavità dell’ombelico
è una memoria del sottosuolo
una ferita del verme funicolare
che ci legava alla terra
succhiando e sputando
la vita

viscidi di pianto
una torma in volo
ci ha trasportati per gli arti
tra le fessure dei cieli
fin dentro la grotta
erigendo per l’umanità
un tempio di guano

bambole d’argilla
vene di petrolio
occhi di tormalina
ci basta una doccia al giorno
per sentirci vivi
ci basta infestare seriali
gli stessi luoghi di sempre
sperando di carpirne la linfa
per la nostra follia collettiva


*


Un pomeriggio


Ancora un’ora
uno starnuto di pioggia contro la finestra
uno sbadiglio nel cielo
un battito di ciglia che fende la nebbia


potessi anch’io nebulizzare questi pensieri
quantomeno provare rabbia
urlare senza vergogna
illuminare il crepaccio
dischiuso delle tue labbra


ma è solo un altro pomeriggio
smorzato tra gli altri
contro il posacenere

*


Ad Ofelia


File di cinghiali al truogolo
germinale stillicidio
da crepa dell’uovo cosmico
argano spezzato in gola
faglia nello spazio e nel tempo
ruggito di tigre e stria d’artiglio
fiori ematici sbocciati coagulati
in cataplasma con cenere di sicomoro
un rimestio del senso
di questa magia nera di significati
che assorbe la luce
un lume al centro dello stagno
un fiore fantasma mai sfiorato
che mi ha ridotto amletico
ad increspatura concentrica
un respiro sotto la superficie

*


Questa provincia


Provincia d’osso e tendini
sbiancata dal sole
colpita d’artrosi
mi domandi il senso
della mia esistenza
e debbo giustificarmi
alle bocche che spolpano


Per la campagna
la terra domanda
sottovoce
l’ombra e la goccia
mentre arroventa
il sole allo zenit
il serbatoio quasi vuoto
dal cui fondo di limo
emergo e mi spargo
mi innervo e divento
non fiore ma cardo

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