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Valentina Calista – Poesie

British Blues

Sono tornata nella terra di nebbia.
Me l’aveva detto Eliot: The Waste Land.
Dovevo credergli, era tutto vero. Mi disse:
«qui le persone chinano la testa alla vita,
incollano gli sguardi alle loro scarpe, sotto il naso».
Gli occhi plumbei, cappi di pietra al collo,
pesano, tirano, strapazzano, assalgono la luce.
La mia luce è leggera, una piuma in valigia,
un tesoro un diamante un cristallo, fragile, preziosa.
La tengo stretta nei pugni quando cammino,
le mani nascoste nella giacca nera
silente passo accanto ai barboni.
C’è puzza d’alcool alle sei del pomeriggio,
a mezzanotte la luna è opaca dietro il drappo nebbioso.
C’è puzza di fumo e di hashish per le strade.
I barboni nel girone infernale raccontano
la notte di ieri, con il cane e una coperta
stracciata sui marciapiedi della stazione
in rientranze che nessuno vede, serrande chiuse.
Vite morte, vive senza vivere, eppure vite.

*

Come pietre nere ai bordi del mare

Come pietre nere ai bordi del mare
attendiamo le scosse, il travolgere delle onde,
sospiri lenti della secca, sguardi fissi della luna.
Il cielo s’inumidisce di vita passata e furore futuro.
Alta marea della casa, quella dove costruire
è tempo infinito. Siamo salpate con barche a remi.
Ora servono galleggianti, tronchi, sorrisi e occhi veloci,
mani ruvide per tirare le corde delle vele al vento.
Serve l’autunno che dona silenzio, l’inverno la pace,
la primavera gli odori della vita, l’estate.
Scompongo i capelli per creare nidi e capanne.
E le grida del piacere, dimenticate in umani abissi,
salmodieranno sul pelo del mare le tue ombre.
Le mie ombre.

*

Decalogo al freddo

Si perde il panico della vita,
non si ha più paura di morire,
di ascoltare i morti e le loro storie,
le saggezze nascoste nei racconti
nelle mani che snocciolano rosari.

Si perde il battito del bacio, del tocco,
dei corpi che si cercano per non morire
in queste nuove solitudini delle case
e delle chiese. Non ci sono più altari
che siano degni di Verbo e ascolto.

Oggi, la tramontana gela la parola
dorata, quella che è dono e sangue,
profezia e letto d’amore per il ristoro.
Mi gela tutta l’aria intorno, le mani
non le muovo per cercare il nulla.
Strette nel cappotto, le mani
parlano di ruvidezze che curano.

Il mio decalogo lo scrivo al freddo.
Ricordare di amare.
Ricordare di respirare.
Ricordare di ricordare il respiro d’amore.
Ricordare di ricordare l’amore del respiro.
Ricordare di scordare il nulla, l’infamia,
la mala parola, la mala sorte, il male tutto.
Ricordare il mare.
Pieno, solo, amore.

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