Pillole di poesia #4 – Michael Strunge

a cura di Ilaria Grasso

Michael Strunge è stato un poeta ma anche un critico e recensore di origini danesi. Ha attivamente contribuito a NÅ!!80 che è stata una importante manifestazione che si è tenuta a Copenaghen negli anni Ottanta a cui hanno partecipato poeti, musicisti, lavoratori del teatro e del cinema di età compresa tra i 15 e i 25 anni. I versi che propongo oggi sono tratti dalla raccolta dal titolo “La velocità della vita”, tradotta da Bruno Berni ed edita da elliot edizioni. Le poesie che trovate nella raccolta si muovono in atmosfere del punk e del gotico romantico. Nei suoi versi troviamo evocazioni e rimandi alla poetica di Bowie che ha molto influenzato la sua opera poetica. Fin dalla metà degli anni ’70 infatti il Strunge si vestiva e acconciava i capelli ispirandosi all’immagine di Bowie nel suo primo album omonimo, e scriveva già articoli comparativi sull’opera bowieana. Mi piace molto David Bowie e forse per questo motivo ho adorato tutta la raccolta piena di satelliti, neon, corpi e desiderio ma anche di acute riflessioni sulla vita che mettono assieme elementi apparentemente distanti in forma lirica.

Ho scelto questa poesia perché rende molto bene ciò di cui vi parlavo prima. È una poesia che si domanda del futuro ed è piena di immaginazione. Nel postmodernissimo cemento appaiono fiori che emanano segnali “radio elettrici” ma anche la consapevolezza di un nuovo confronto che non è solo tra gli individui e la natura (flora e fauna, dunque) ma anche le macchine e la tecnologia più in generale. Strunge ci fa riconciliare con tutta una serie di elementi ben dettagliati all’interno della poesia per giungere alla conclusione che potremmo fa parte di un tutto coeso, pacifico e tranquillo se solo l’amicizia e le parole predominassero nel mondo. Il mondo a cui fa riferimento Strunge non è però rappresentato solo dalla superficie sulla quale camminiamo ma è uno spazio più ampio che comprende noi e le stelle. L’universo cui Strunge fa riferimento è quanto di più inclusivo possa esistere. E se per David Bowie in Space Oddity il mondo è “blue” che in inglese vuol dire triste, Strunge ci apre una via per non esserlo più.

Ciò che verrà


Ciò che verrà
sono monti in fiamme di voglia di vivere
e uccelli che canteranno con voce sottile e forte
la resurrezione della terra.
Ciò che verrà
sono tuoni di voci
gridate sugli abissi della città, un tempo grondanti veleno,
con la forza del ronzio di tutti i sensi:


«Noi conquistiamo di nuovo il nostro pianeta
rompiamo le immagini di noi nei rigidi elaboratori elettronici
di cemento.
Siamo il nuovo popolo
cantiamo le nostre anime
cosicché la mediocrità degli ingannatori e dei potenti
finirà in pezzi e in angoscia.
Noi siamo la nuova chiarezza
conquistata nella lotta contro le macchine
noi siamo la nuova forza creativa
che crea bellezza ed eternità
dalle rovine del vecchio
nella tecnologia, nella natura
nella scienza, nell’arte
nell’accordo…
(nella città, nello spazio!)»


Ciò che verrà
sono vittoria e saggezza
conquistate col canto del bambino
sul segnale elettrico del fiore.


Ciò che verrà
è il nuovo/vecchio
l’estraneo/evidente/sconosciuto
la consapevolezza della coesione del tutto
trovata nell’amicizia e nelle parole
tra le stelle e il popolo del mondo.

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