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Rosa Riggio – Il peso della neve

Le cose che restano inerti, chi le conserverà.
Non chiedono, stanno, immobili.
Le abbiamo raccolte, alcune regalate.
Un trapianto, su corpi sconosciuti.
Le seguo perdersi, come il tuo volto
mentre accelerava il suo sparire.
Ritorni in bianco e nero e non ti riconosco.
Sei complice del mio sparire

*

Nessuno più chiama.
Ho negli occhi la tua follia, la tua cura.
La notte è una camera vuota
un inferno di eretici che non rispondono più.

*

è stato il bianco
il sangue era già atomo
un piccolo universo sotto le nostre dita
che si allontana. C’è troppa luce e calma
oscilliamo insieme tra onde invisibili
e termometri. Non c’è confine
ogni passo è un precipizio interminabile

*

Giro intorno ai muri. Cerco i segni. Sono altrove.
Alzo le braccia, non vedo, solo fumo nelle mani di carta
che si frantumano e rimango inerte, rosa fuori
[posto.
Capovolta e fredda, sospesa sulla porta
una farfalla di neve. Non c’è più luce dall’altro lato
e non posso lasciare incustodito tutto il nero.
Come non calpestare quel cielo steso a terra?
Il tempo lascia i lividi ovunque si posa
e qui sono dappertutto.

*

Cade un soffio, come una carezza.
Ma non è pace, non è atomo.
Solo un cadere fermo del tempo.
Nessuna svolta, nessun lato da cui guardare.
Solo una brezza, un tepore di vento.
Nessuno va, non c’è lasciapassare.


Questi versi sono tratti da Il peso della neve (La Vita Felice, 2016)

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