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Roberto Gaudioso | Squittii

a cura di Francesco Terracciano
di Andrea Galgano

Squittii di Roberto Lumuli Gaudioso, pubblicata da Oèdipus nel 2020, è espressione di vitale ricerca. Sia per una sorta di sincretismo linguistico che innerva sia la letteratura in lingue africane scritte e orali (con particolare attenzione per lo swahili) sia la trama delle letterature italiane, spagnole e tedesche in una immersione di patchwork e magma finale. Il grido, il suono, la lingua spezzata, lo strappo dal non essere delle lettere arse («strappo alla morte vive possibilità / come oscuro velo sottopelle»), l’attimo finale della parola sono una distesa linguistica vivida e di tempo atteso, che celebrano lo spazio sottile ed acustico delle sillabe, unite come desinenze, protese come turbine tradotto e consegnato: «il mio sistema immunitario un’insidia è / per il mondo lo disintegro pian piano / un rivolo magmatico scava vene e arterie / che goccia a goccia il mare si faccia sangue / la terra carne roccia ossa atmosfera respiro / tradurre per me in me non senza eruzioni / e bradisismi perdono resto non colpevole / con la mia colpa viva un tempo arriverà / a spazzar via le distanze io il mondo». La destinazione della lingua, dunque, è una lunga narrazione di confine e di spazi, non arretra, bensì si espande come un lungo pronunciamento di sogno e labilità, gioia e ricordo: «- te le ricordi le lucciole? / in quella via buia ad ischia / il mare si fracassava spesso / su quelle rocce alte la nostra villa / – te lo ricordi il buio / con le lucciole? le rincorrevi / ed io scappavo avevi anche tu / una lanterna come i pescatori / di notte al di là delle rocce / verso la villa lontano / guardavamo in mare le lampare / il vento soffiava dal boschetto sui nostri capelli / – e sentivamo di perderci / dopo cena in silenzio / le lucciole sul balcone / erano nostre». La dimensione dell’appartenenza si appropria delle latitudini come il respiro, dove va sottoterra l’inverno nel solco del sangue, nell’avidità marina, nelle fusioni del corpo e nei fantasmi che si amano nel fuoco. Esiste qui una sorta di liquidità vitale, che unisce suoni e atmosfere rarefatte e lontane, un imo fecondo come una rivelazione, un grappolo di uomini alla stazione, lo swahili che si spinge alla pienezza, per essere sorgente di linguaggio e ampiezza di gesto e visione: «seguo lo scrosciare / del guadalquivir già / aprile fiorito di jacaranda / è muta la città / gli orli danzano / in case di legno / un tendone da circo m’aspetta / per non lasciar segno».

Una furia di incanto, uno splendore naturale, le narrazioni delle cicatrici come ferite e le destinazioni del sangue toccano il gesto vivente nel ventre della terra che danza, nell’avvicinarsi dei sapori lontani e dei tamburi. Il gesto della vita non rinuncia mai al suo canto, unendo il valore potente delle lingue in una commistione che non ha indugi, abbraccia latitudini e longitudini possibili («vento porpora / mare quieto appena increspato / è uno scavo nucleo liquido / parola / di mare e terra e fuoco e pietra / erutta densa e lucente / libertà / dal sud un nuovo sistema di segni / incessantemente danzano / forme si serrano e si aprono»), verso il desiderio consegnato: «un filo di luce fluisce a dissolvere la notte / a pelo d’acqua confine tra la mia e la tua pelle / sull’isola nel cratere il magma s’è spento / senza vittoria a nansio la tua noncuranza / è il trillo del lago dove ci laviamo / il trillo del fiume di nuovo in piena / il trillo del trillo perché ne necessitiamo / il nabili va e viene non si cura di noi / il sebeto è già andato non ci siamo affrancati / si disfa continuamente l’ordito / delle maglie come ciglia luce straripa / il confine non è che un pelo d’acqua / alla roccia a cui tutti dobbiamo silenzio / mormoro le mie promesse i miei desideri». O ancora il limite, il precario e l’effimero si concedono però a un desiderio di in finitudine e in questo la forza della poesia si concede e si porge in una soglia incandescente: «come centrali periferie / dove ancora con impeto scorre / puro divenire di sorti e persi / nel fiume mi specchio terra terra / di sette corde è la mia enanga / sciolgo in canto duro effimero».


il bello si giustifica col piacere
nei giorni che vorrebbero notti
e notti inappagate di cammini
la fame strappa sentieri alla pace
il sole è fin troppo alto
accarezzo i raggi con gli zigomi
mentre gli occhi mi prendono
in possibilità e del futuro nostalgie

*

strenuo il cammino del non essere
strappo alla morte vive possibilità
come oscuro velo sottopelle
si insidia nel ventre indicibile coscienza
con la tua tra le mie lingua straniera
predico il futuro gioco di biglie
più che indovino era ieri poesia
ho sopportato io il furto striglia
lieve e costante vento le porta via
tra rovine del futuro nostalgia
lettere arse che chissà se ardono
ancora come alfabeti della poesia
di sangue e fluido dna
ho fatto amore con ciò che non sono
e volevo conoscere

*

la mia carne transfigura
la luna in terra oscura
la mia lingua solca
come aratro zolla a zolla
rostro sul tuo petto
maisha yanamaanishwa na kifo [1]
voz de la tierra [2]
kilio [3] de sangre [4]
risuonano nelle mie braccia
mwanadamu udongo mwekundu
ulimi unasikiliza [5]
il timpano suona come un tamburo
prima di perdersi nel vento [16
sangre y tierra contra luz y viento
pengine [7] agua y luz una tumba [8]
la mia lingua lecca sale e sangue
d’un mare già increspato
ricompone amore e morte
kumbukumbu inachakarisha upepo [9]
squarciato per un attimo poi racchiuso
ndani ya msitu uliofungama [10]
d’alberi e cemento: la palabra [11]
lililotamkwa [12] dalle tue labbra
eretta come insolente torre
la tuya y la mía
la mía y la tuya
sangre [13] spumeggia
matamanio yaliyo ladha [14]
negli anfratti della mia carne
voz [15] inapanda kama mori [16]
s’infrange graffiando la roccia
kisichobadilika kimekufa [17]
mare inquieto l’orizzonte
roccia e corrente io

Note

[1]    Swahili: morte significa vita.
[2]    Spagnolo: voce dalla terra.
[3]    Swahili: suono flebile, lamento, lamento di lutto, lutto.
[4]    Spagnolo: di sangue.
[5]    Swahili: l’uomo è terra rossa/la lingua ascolta.
[6]    Spagnolo: sangue e terra contro luce e vento.
[7]    Swahili: oppure, altrove, d’altra parte.
[8]    Spagnolo: acqua e luce una tomba.
[9]    Swahili: (due traduzioni possibili) 1) I ricordi stormiscono il vento 2) la memoria spaventa il vento.
[10]    Swahili: nella foresta che s’infittisce.
[11]    Spagnolo: la parola.
[12]    Swahili: che è stata pronunciata.
[13]    Spagnolo: il tuo e il mio/il mio e il tuo/sangue.
[14]    Swahili: assaporante desiderio.
[15]    Spagnolo: la voce.
[16]    Swahili: mori è un eccitamento, si usa per connotare un sentimento forte di desiderio e di rabbia quasi estatico. L’espressione kupanda mori è ricavata dalla danza saltellante dei masai.
[17]    Swahili: ciò che non cambia è morto.


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