cura e introduzione di Ilaria Palomba
da Ricostruzione delle favole (PeQuod, anteprima)
Le poesie selezionate da Ricostruzione delle favole (PeQuod) di Fernando della Posta sono – dal titolo della prima sezione della silloge – apparizioni, in cui tempo e spazio si mischiano, in cui ci ritroviamo gettati nei luoghi; potrebbero essere luoghi dell’infanzia o viaggi che sembrano dipinti, lasciati da un passante, da un bambino, o da un esploratore solitario. Le poesie di Fernando sono metricamente perfette, stilisticamente complesse, non immediate, e per questo maggiormente apprezzabili, alcune immagini evocate mi hanno fatto pensare a Van Gogh.
Quei luoghi di apparizioni terribili
e dolci, dove tra le tante cose insegnasti
che certo vino cosa pura e non lascia
traccia – se non un torace più caldo –
e guida il gesto come
olio santo,
affinché il colpo sia preciso
e stampi l’araldo senza sbavature
imprimendo le volontà nel legno
per vite più accessibili.
*
Avvistare arcipelaghi dai finestrini
degli aliscafi può illudere un dominio
che si estenda su pianeti interi
fatti di gas, fluidi e faune. Qui il mare,
il mare, che tutto sembra separare
tutto ferma con pellicola splendente,
tutto lega nella luce e nelle attese,
smorza l’ansia di partire e di arrivare.
*
Stromboli tuffarsi in ossidiana, cenere
che ha scavato su sé stessa libere
discese, su cui senza trovarsi vanno
rincorrendosi luna e sole.
*
L’Olimpo una roccia brulla, l’ideale
per attrezzare un tendone allegorico.
Il volto di un abbraccio che circondi
l’Egeo, grembo trapuntato di rotte.
*
Fanno chiasso i girasoli sotto il sole,
un parlottare muto nella stessa lingua
della specie, un fragoroso muoversi
di venti. Senti bambini chiamarsi tra gli steli.