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Massimo Del Prete | Termini per una resa

a cura di Lorenzo Pataro
da Termini per una resa (Aragno, 2022)


Cantando un dolceacqua il sommelier
intonava ‘complesso in sottrazione’.
La metafora vinicola parlava
dell’esatta inclinazione delle cose:
così le labbra
prima che sappiano del bacio
o i tuoi vent’anni
che ancora hanno il potere
di scegliere per te qualunque sogno.

Ci circonda un mondo sordo, indifferente
alla tua voce che vorrebbe dire tutto:
allora tu rinuncia al pantano dei discorsi
all’istinto di arrivare sempre a un punto
sottrai alle tue parole qualche sillaba.

Ascolta quanti mondi nel silenzio.

*

Forse, quando mi ascolti mentre leggo Zeichen
ti viene voglia di lasciare questo corpo
come fa l’anima con uno che è già morto.
Di me, trattieni quel che basta
per stare bene al mondo: il profilo
dove si inscrive un’ovvietà di istinti.

La tua realtà è questo letto male apparecchiato
la donna di oggi, stupenda e distratta
e il mio stupore ferito
se alle sue seconde labbra non dici
nemmeno un settenario le suggi
con rigore macchinale poi ti distogli
all’apice del fuoco: è lei
ad inchiodarti al suolo e a strattonarti
col suo moto di beccheggio
timoroso del naufragio ed euforico di te
che la finisci in grazia
con tre stoccate al cuore ed un affondo.

Mi guardi come chi umiliando insegna
quando ti beve nella forma
della tua sublimazione più profonda
e poi sei licenziato: la tua liquidazione
è tutto quello che chiedevi.

*

In questa terra che è quasi la mia
in questo vento di spuma e di sale
per poco, sai, pensavo di riperderti.

Ma l’inverno, l’inverno indietreggiava
sulla sabbia polverosa di aprile
e forse similmente anche una vita
braccata da sogni spietati, fatta
sacra alla paura, al suono che fanno
le più vecchie parole che non dici
che fa il futuro quando non lo nomini.

Ma l’inverno, l’inverno indietreggiava
se eri proprio tu ad andargli incontro
se erano i tuoi passi e le tue mani
a fare breccia in questo mondo d’ori
e fango in cui la pace

è l’alleanza finalmente nostra
il ritmo breve una costanza
di cose non sapute ma intuite
per lenta consuetudine di giorni

se dopo questi venticinque anni
il vento sulla terra ha la tua voce.

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