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Andrea Cozzarini | Giulia e altre poesie

a cura di Arianna Vartolo
da Giulia, l’Evaso e la Verfallenheit (Samuele, 2022)


Anche tu con un ginocchio sullo sterno cominci a
respirare fissi la neve che schiuma negli occhi di tuo padre
subito c’è solo questo schizzare della testa sul
soffitto con l’intestino leggero e squarciato ritorni
da Giulia si passò una mano fra i capelli così mai
più
l’avresti dimenticata; giù, sotto il pontile
la luce riflessa raccoglie le grida e gli sguardi.

*

But why did you make your hair yellow?

Con gli occhi socchiusi declini ogni colpa, mentre
Giulia è già fuori dalla stanza, qualcuno grida
una macchia di sangue si apre intorno al frigorifero
trovi con le mani sudate l’aria alla fine del lenzuolo e ogni
cosa torna al suo posto, il soffitto gli scaffali
le camicie dissanguate i passi nel corridoio
è per dire: non siamo al cinema, su certe
cose tenti di spiegare, non ho alcun controllo
ma non ti credono e resti solo e sudato
come una pista nel deserto, come
aspettando indicazioni fra nuvole di
sabbia.

*

Da bambini ci infilavamo nel canneto
stretto che quasi non si riusciva a passare
dall’altra parte c’era un piccolo tesoro:
il grande forno a legna per la
pizza e le automobiline dello zio,
ora
tutte piene di polvere e quasi cave dei loro
colori rosso, verde e blu, come reliquie di una
figura che si scollava ai suoi occhi
dalle camicie azzurrine e l’acqua in tavola
alla tivù aperta su qualche televendita di tovaglie
o di attrezzi da giardino, che apprezzavano senza animarsi.
Cosa siamo diventati? si chiedeva
cambiandogli il sacchetto candido e immondo, come la bara
dove a volte sognava di svegliarsi. Ma era giovane
le dicevano tutti, e sapeva l’inglese, in pochi
anni viaggiò più di quanto non avesse mai fatto
con l’alluce curato e a remengo anche i cani
quei bastardi che non tenevano compagnia
agli scali beveva spumante duty free, a volte in compagnia,
aspettando, con la virtù dei santi, di tornare a casa.

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