Ludovica Bernazza | Archeologia degli spifferi

cura, introduzione e letture di Nicola Barbato


Ludovica Bernazza è una giovane autrice romana.  Sta preparando la sua prima raccolta di poesie. Per un eccesso di fiducia, mi dà la possibilità di leggere i suoi versi, in anteprima. Li leggo, ed eccomi a contatto con l’antico: con un piglio stilistico semplice, asciutto di ogni clamore, l’autrice tratteggia, in un’atmosfera dove convivono il Mito («consacrarti il coraggio alla felicità/ come la pianta si consacra all’acqua»), e l’infanzia («ti rincorro come i bambini a ricreazione»), un Mondo incontaminato: un’istantanea dell’oggi, ma quest’oggi, seppure sia nostro, non ci appartiene più: è l’oggi di un altro tempo, al di là del tempo; ogni a capo è richiamo ad un qualcosa vissuto il primo giorno sulla terra. Nell’archeologia degli spifferi, il suo messaggio politico: predisporsi all’ascolto, insediarsi tra le crepe della storia e «dirottare il presagio». Stare, se là fuori corrono; farsi il «bagno nelle pozzanghere».


Consapevolezza

Immedesimarmi con la terra
e scoprire che il limone è aspro
e che nessuno zucchero potrà addolcirlo;
raccogliere un pugno di more
e osservare i grilli passarsi la parola.

Disimparare ogni cosa,
dedicare tempo agli angoli.

*

Consacrarti il coraggio alla felicità
come la pianta si consacra all’acqua;
attenderti sull’uscio della porta mentre mi indichi il mare,
e rivedere la luce d’oro che ti ride sul volto.
A poco a poco raccogliere l’impressione della sabbia di mezzogiorno,
indovinare nell’altro il miracolo.

*

Si poteva solo stare lì,
nell’attesa di qualcuno che tornasse
da un altro mondo e cantasse
la visione.

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