Site icon Inverso – Giornale di poesia

Fine pasto | Novembre ’22

cura e introduzione di Michele Piramide e Stefano Tarquini


Michele Piramide
I.N.R.I

Hai le mani sangue madre
dipingi tempi interrotti, padre.

Ho digerito ferro e lacrime,
parole coltello sulla mia pelle.

Hanno corone e catene, sassi e croci
viti e vestali al mio risveglio.

Hanno sorrisi di polvere e verbo
e templi a Dio viatico.

Ho scritto profezie di sabbia
in turbini di vento compagna.

Hai il mio battito respiro, madre
edera ora l’ira, padre.

Stefano Tarquini
Tulipani

Da dove guardo finire settembre e il mondo repentino, feritoie ovunque i non colori, le non parole, i non abbracci, nei weekend di prima tra i vermi delle castagne e le tovaglie sbattute sui bucati profumati al balcone di sotto. Quando ti rivedrò nel tempo sospeso che asciuga le lacrime, gli occhi capovolti saranno vasi di plastica, aspettando tulipani gialli e un indirizzo preciso, è meno di maggio il mese in cui nascerai di nuovo, cambierò sangue per farmi bello. E su una sedia alla parete fingerò di essere realmente vivo, in parte vero, in parte di parte di me, stesso risultato sbagliato, ridendo per metà di questo inferno freddissimo dove infilo le braccia fino ai gomiti, cercando ancora una presa efficace.


Il nostro curriculum vitae pensiamo sia interessante si possa palesare in questi ultimi versi composti. Segnatamente l’anelito del poeta è chiudere il verso, primo vagito dell’umano intelletto nell’affacciarsi al tempo mortale. Il verso allora nella sua ultima ed estrema manifestazione crediamo sia il modo sicuramente più efficace per poter percepire e tangere quella che è la nostra poetica e di conseguenza cosa il nostro percorso artistico crede di poter dire.

Di seguito le impressioni di novembre, direttamente da Read(y), programma radiofonico in onda tutti i mercoledì alle 17.00 su Radio Kaos Italy, uno spazio sicuro dove essere poeti liberi.


Alessia Lombardi, giovane poetessa fieramente ciociara, nonché filologa, attrice e cantautrice.

Quello che tocca e stupisce della Lombardi è la scelta peculiare di comporre una silloge utilizzando la metrica di una sinfonia, la rincorsa del suono come antidoto alla malinconia che attanaglia il quotidiano: il suo è un verso salvifico e catartico senza alcuna pretesa di esserlo

Non classificato

Mi sento continuamente ai margini
di qualcosa che non riesco a godere:
c’è qualcosa di meraviglioso, di maestoso,
nella sua solitudine – impenetrabile,
come il nostro modo di amarci;
qualcosa che mi riguarda così da vicino
da non farmi soffrire per giorni interi –
ma resta sempre qualcosa, di cui non conosco il nome.

Jonathan Rizzo, flaneur dall’accento elbano, artista meditativo e divulgatore culturale.

Non vi è salvezza nella poesia del Rizzo, anzi la sua è una luce che diventa sempre più forte, se non accecante, quanto più la sua penna scava e si inoltra nel profondo. Misura il tempo della scrittura come fossero i morsi della fame.

Venerdì

Come cuore innamorato
afflitto, termosifone d’angolo.

Stanza delle illuminazioni
artificiali vuote.

Attendere.

Leonardo Zaccone, poliedrico ed irrequieto artista, di sé dice “Scrivo versi e poi li distruggo”.

Quello che colpisce è la ricerca linguistica come senso estremo di appartenenza: la lingua come il sangue che irrora le nostre vene ci indentifica e definisce più dei nostri stessi natali.  La sua poetica deflagrante è un “sanpietrino” lanciato contro le vetrine del Mondo.

Proviamo a tracciare una riga
sulle varie versioni discordanti
dal greco “abitante dei Tartari”
o lumaca dalle gambe storte.

Se in effetti abitassi l’inferno non
avrei fretta di andare in nessun dove
la mia pelle si squamerebbe di pena
in un guscio coprirei la mia vergogna.

Ma che chiocciola e tartaruga siano
semplicemente lo stesso animale Io
nesco lo afferma nel suo Delirio a Due
e il surreale non può che dire il vero.

Proviamo a tracciare una ruga
a me stupisce l’idea che tartaruga
pasteggi e rimi con foglie di lattuga.

Simone Migliazza, scrittore e purista del verso, musicista e insegnante a tempo pieno.

La forma non è una costrizione, ma un canale in cui confluisce gentilmente il ricercato dialogo che il poeta ha con sé stesso ; un dolce perdersi che ci permette di approdare a lidi indefiniti e nuovi del linguaggio.

Ho messo fuori il tuo stampo

Ho messo fuori il tuo stampo, proprio
al centro del terrazzo. Dal mattino
la pioggia lo batte come un vaso
vuoto. L’acqua trabocca, di continuo
deborda. Ti vorrei di qua dai vetri,
dove la mancanza veste i suoi
panni asciutti. Intanto, faccio un cerchio
con le braccia. A sera, riparata,
metterò una candela davanti
a quella carcassa che non riempi,
per la mia notte di veglia. Staremo
lì insieme – io, tu che manchi – a chiedere
ragione che non si concederà.

Mattia Tarantino, non ha bisogno di presentazioni.

La sua poesia è il dialogo a cui aspirare: il tempo si ferma e si aggrappa alle parole, per rendersi effimero e trascendere al contempo.

Legami nel sangue. Non temere
che mi ammali o sia stretto troppo forte:
solamente ciò che è unito nelle vene
resiste alle stagioni e non finisce.

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