Site icon Inverso – Giornale di poesia

Parole Contro | La terra della lingua

di Giovanna Frene


Radice del pensiero è il cuore, da cui spuntano
quattro rami, il bene e il male, la vita e la morte,
e su di loro domina padrona la lingua.

(Siracide)

A metà degli Anni Trenta del XX secolo, il filologo Victor Klemperer si accorge progressivamente che il regime nazista sta incidendo gradualmente con il suo bisturi carico d’odio sul corpo della lingua tedesca, iniettandole inarrestabilmente quel virus di conversione all’ideologia nazista a cui nessun anticorpo poté fare da scudo, perché la sua azione era invisibile: svuotare del contenuto originario e distorcere le espressioni, specie le più usate, fino a farle assumere il carattere violento del disprezzo omicida verso una parte dell’umanità. Klemperer annotò per anni questo processo linguistico, connettendolo di giorno in giorno con gli accadimenti della storia e il refrain infernale della propaganda dell’apparato nazista, Hitler in testa: ne nacque un testo a tutt’oggi imprescindibile, LTI. Lingua Tertii Imperii, pubblicato la prima volta a Dresda nel 1946 (Victor Klemperer, LTI. La lingua del Terzo Reich, prefazione di Michele Ranchetti, Giuntina 20114).

Sottolineando già all’inizio che la LTI è costitutivamente una lingua caratterizzata dalla povertà e dalla monotonia, Klemperer intende evidenziare la causa dell’impoverimento progressivo, inarrestabile – nonché per certi versi inizialmente irreversibile, vista la permanenza nel secondo dopoguerra di alcuni stilemi –, della lingua tedesca rispetto ai periodi precedenti: “[…] Il motivo di questa povertà sembra evidente: con un sistema tirannico estremamente pervasivo si bada a che la dottrina del nazionalsocialismo rimanga inalterata in ogni sua parte, e così anche la sua lingua. […] Il venerdì sera, a radio Berlino si leggeva l’ultimo articolo di Goebbels che sarebbe apparso sul Reich il giorno successivo: così si stabiliva ogni volta, per la settimana seguente, il contenuto ideologico degli articoli che sarebbero apparsi su tutti i giornali dei territori soggetti al nazismo. Quindi erano in pochi singoli che fornivano alla collettività il solo modello linguistico valido. […] Il dominio assoluto esercitato dalle leggi linguistiche di quel ristrettissimo gruppo, anzi di un’unica persona, si estese a tutto l’ambito linguistico tedesco senza alcuna distinzione tra lingua scritta e lingua parlata. Anzi, tutto in lei era discorso, doveva essere allocuzione, appello e incitamento.”. La conseguenza principale fu che, tra le varie funzioni della lingua, prevalse e esondò nella società solo quella dell’esecrazione, perché questo era il solo modo per alimentare il fanatismo di massa.

Credo che in Italia un’operazione simile non sia mai stata condotta con questa portata etica, ma sarebbe necessaria: perché non provano a farla i poeti, con i loro testi, adesso? Ma è forse già tardi, o non è mai stato davvero il tempo, qui. Sarebbe stata necessaria, questa operazione, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, quando la mancata Norimberga nostrana portò invece all’amnistia (della quale Calamandrei da subito intuì la pericolosità) e alla fondazione di un partito di fatto neofascista come il partito della fiamma tricolore (MSI) – guarda caso nello stesso anno, 1946. Come è stato possibile che una delle firme della rivista La difesa della razza, Giorgio Almirante (il padre storico citato recentemente con commozione da Ignazio la Russa, Presidente del Senato), inizialmente ricercato, sedesse poi per tanti anni nel Parlamento di una Repubblica con una Costituzione nata dall’antifascismo e della Resistenza? Quale orrenda ipocrisia ha permesso questa sconcertante contraddizione etica, e tutte le altre contraddizioni?

Così, in definitiva, non c’è da stupirsi se l’Italia non ha mai avuto una destra davvero liberale: il virus del fascismo ha attraversato per tutti questi decenni la storia di un Paese che non ha mai fatto i conti con il suo passato, che si è spesso autoassolto, anzi che non ha davvero mai del tutto considerato di aver sbagliato: vedi lo sdoganamento del fascismo operato nel tempo da Berlusconi; vedi il “celodurismo padano e antimeridionalista” della Lega di Bossi; vedi la fondazione del partito di estrema destra Fratelli d’Italia, nato come ideale prosecuzione di Alleanza Nazionale, ma che dopo pochi anni ne ha tolto dal simbolo la sigla per lasciare solo la fiamma tricolore; vedi la Lega targata Salvini, con l’incontenibile martellare della “Bestia” (che peraltro ricorda tanto una situazione qui citata). Questa è oggi la vera pandemia, che troppo debolmente è stata fino ad ora combattuta (penso a Forza Nuova e a Casa Pound, ma anche ai revisionismi intellettuali che leggo sempre più di frequente in rete).

Di seguito riporto frasi estrapolate dai volumi degli Scritti e discorsi di Benito Mussolini, editi negli anni del fascismo da Ulrico Hoepli in XII volumi (che posseggo in originale, perché bisogna conoscere ciò di cui si parla): si potrà intravvedere che la “dottrina realista” del fascismo ha tutt’ora le sue incarnazioni linguistiche, polimorfe, nonché le sue attuazioni nelle dichiarazioni, nei gesti e nelle omissioni di una precisa parte politica, delle quali la punta di diamante è rappresentata dai post, anche quelli apparentemente innocui, nei social.


Piccolo florilegio nero

Exit mobile version