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Gesualdo Bufalino | L’amaro miele

da L’amaro miele (Einaudi, 1982)


Eine kleine Nachtmusik

La musica ci giunge dalle terrazze
lontane, stesi così sulla sabbia,
coi capelli confusi e felici,
fra muraglie di bianco diluvio,
così sorpresi d’esistere in due
sotto la coltre benigna dell’aria,
disincarnati e carnali, perfetti
come due palme nude, unite.

Nascita del peccato

Fu nel fumo, nel rossore d’un orto,
e i cotogni odoravano tutt’intorno
così forte (non bisogna ricordarsene).
in tanti, ognuno sdraiato e smorto,
un’aspide prava, un’aspide storta
ci morsicò l’occipite,
le mani adulte e furenti.
Poi ne parlammo sottovoce a due a due,
tutto quel giorno e l’altro.

Preghiera di mezzogiorno

Almeno mi scoppi di grida
la mente nei corridoi
di questa casa da suicida,
piena di corde e di rasoi.
Ma è sempre un altro, è sempre un altro
che si lamenta in vece mia,
e l’angoscia si fa più scaltra,
più volontaria la pazzia.
Datemi un male senza libri,
datemi un pianto senza specchi,
una croce che sopra mi vibri,
fatta solo di vento e di stecchi.

Inerzie

Con occhi all’aria, orecchie di cere,
impietrito lungo il viale,
c’è un popolo di marionette;
la mosca che volava non vola più.
Peli, unghie, licheni, hanno smesso di germogliare,
dal labbro della statua pende fiacca una goccia,
la meridiana sull’intonaco
scambia mezzogiorno per mezzanotte.
S’è fermato un cuore.

Improvviso d’amore

Losanghe di cieli, cieli di gesso,
vecchio terrore che indosso ogni giorno;
muraglie da cui sempre mi ritorna
questa mia strenua voce d’ossesso;
e libri, voi, paradisi dipinti,
reticolati d’assurdo quaderno,
trionfo e sbarre di carcere eterno,
fughe immobili e nero labirinto:
oh mescetevi, carte, firmamenti,
memorie, fate rissa entro di me,
e inventatevi un nome, un altro viso.
Ora che lei m’ha parlato alla mente,
lei nel suo scialle di sposa di re,
con gli stupori e i corrucci e le risa…
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