da La sabbia delle urne (Einaudi, 2016)
cura e traduzioni di Dario Borso
Armonica
Il vento diaccio appende sulla steppa la luce patibolare
delle tue ciglia:
tu soffi verso me da rosse giunture, lui sale dagli stagni
carico di frutta;
le dita tende in alto, ci filerò fïeno quando sarai morta…
Cade anche una neve verdemare, mangi rose gelate.
Piú di quanto donasti distribuisco al porto in acquavite.
Avvolto al coltello mi restò il tuo crine, il tuo cuore
per noi un molo fumante.
Cero di sego
I monaci con dita villose aprirono il libro: settembre.
Giasone ora spruzza di neve i semi spuntati.
Un collare di mani ti dette il bosco, cosí cammini
morta sulla fune.
Un blu piú intenso viene assegnato ai tuoi capelli
e io parlo d’amore;
conchiglie dico e nuvolaglia lieve, e una barca germoglia
nella pioggia.
Un piccolo stallone corre sulle dita che sfogliano –
Nero si apre di scatto il portone, io canto:
«Come vivemmo qui?»
Serenata
Un’acqua fumante precipita dalle cavità dei cieli;
ci immergi il tuo viso prima che volino via le ciglia.
Resta però ai tuoi sguardi un fuoco azzurrognolo,
io strappo le mie vesti:
allora l’onda ti solleva a me nello specchio, desideri
per te uno stemma…
Ah, la tua chioma era color ruggine quanto bianco
il tuo corpo –
le palpebre sono roseamente tese come una tenda
sul paese della neve:
non corico lí il mio cuore barbuto, in primavera
non fiorisce l’arbusto.
La sabbia delle urne
Verdemuffa è la casa dell’oblio.
Davanti a ognuna delle porte ventose imbluisce
il tuo giullare decollato.
Ti batte il tamburo di muschio e di amaro vello
pubico,
con alluce purulento dipinge nella sabbia il tuo
sopracciglio.
Piú lungo lo traccia di quant’era, e il rosso del tuo labbro.
Tu riempi qui le urne e nutri il tuo cuore.
Ricordo di Francia
A Edgar Jené
Tu pensa con me: il cielo di Parigi, il gran colchico
autunnale…
Comprammo cuori dalle piccole fioraie.
Erano blu e sbocciavano in acqua.
Iniziò a piovere nella nostra stanza
e venne il nostro vicino, Monsieur Le Songe,
un omino secco.
Giocammo a carte, io persi le pupille;
mi prestasti i tuoi capelli, li persi, ci stese.
Uscí per la porta, la pioggia lo segue.
Eravamo morti e potevamo respirare.