cura e introduzione di Riccardo Canaletti
da Vetro (Interno poesia, 2022)
C’è una trasparenza che la parola non può ingannare e si chiama vita. Una trasparenza che filtra il mondo. Se la parola, il testo, si allea con la vita, la parola inizia a filtrare il mondo. Non la parola pronunciata, quella comunicata, la parola che di per sé filtra, per definizione (perché comunicare è ordinare oggetti e opinioni). Mi riferisco piuttosto alla parola prima che si dia sulla carta, la parola su cui riflettiamo, quella che appuntiamo su un taccuino e lasciamo a lievitare. Lievita, lievita, la parola si innalza, assume una forma, un gonfiore, prende aria. Respira.
Vetro di Nicola Bultrini (Interno Poesia Editore, 2022) è uscito a primavera e incarna questa trasparenza che si fa parola, da vita a verso. Poesia, dunque, che prende aria e inizia a respirare. Per me, che recensisco, commento e annoto arbitrariamente, senza metodo, per piacere, per passione, sarebbe inutile dire che è un libro che ho amato, che, mentre lo leggevo, respirava per me. Il libro si gioca su queste due grandi coordinate, respiro e trasparenza, per questo mi ripeto. Tutto il libro è un’infaticabile tentativo di trovare il giusto respiro e la giusta trasparenza. Asciugare ma non per puro piacere della lima, feticcio dell’essenzialità, perché c’è un corpo quasi narrativo nei testi, una morbidezza del verso. Quasi narrativo, perché fa parte della ricerca tendere solo alla lirica. Il percorso di Bultrini procede in questa direzione, non l’unica – certo – possibile. Ma si inserisce in una tradizione metodologica che ha, per esempio, in Ungaretti uno dei maestri. Ma c’è una differenza con il Novecento, un più del metodo, ovvero qualcosa che va oltre questa ricerca di pulizia (anche linguistica). Questo più ha i tratti della sua professione, l’avvocatura. «Sia messo agli atti …» dice. Si stanno trovando punti fermi, invarianti. Invarianti dinamiche, certo (invarianti che variano?), ma invarianti restano. Invarianti pubbliche. Non si tratta più di tenersi le cose dentro: «Adesso ho da dire qualche cosa …». La poesia non è questo stare verso dentro, non ha nessuna funzione retrattile, se esce non torna indietro. Da qui il grande cuore della poetica di Bultrini: la responsabilità.
Per ricapitolare, Bultrini porta avanti un discorso di etica della poesia, dove la responsabilità è arrivata, con Vetro, a configurarsi con la trasparenza della vita e ha assunto un respiro di moderazione già presente nelle opere precedenti. Il respiro che viene scelto per questi testi dipende dalla partigianeria della poesia di Bultrini, a favore dell’esistenza, della quotidianità, dell’esperienza. Ma c’è di più, poiché non basta fare della propria vita il contenuto della poesia, serve l’estrinsecazione dei propri versi, serve renderli pubblici. Un io nella comunità.
Vetro di Bultrini ha imparato a muoversi, come il suo autore, in mondo frastornato come quello della poesia contemporanea, dove poche voci – eroiche – si distinguono dai loro stessi epigoni o dai loro ferventi nemici (spesso ubriachi di complessità). E ha saputo ritagliarsi il suo spazio tra i tanti, molto casinari, e tra i pochi poeti educati, quelli che valgono. Un risultato morale, il suo, anche umano. Sia messo agli atti che una voce senza disturbare è avanzata, senza sbraitare, come le sere d’estate che arrivano, senza che te ne accorga, durante la cena. Nessun narcisismo e nessuna piega di autocompiacimento, ma onestà intellettuale ed emotiva che non vende mai falsi (fossero pure, come Bultrini sarebbe capace di fare per conoscenza e competenza, falsi d’autore).
Mi riconosci, in piedi sullo sfondo
sarà stato l’inverno dell’ottanta
la prima B al completo per la foto di classe
tutti uguali eppure differenti.
Professore lei non capisce
è una questione di identità.
Io per esempio, confesso
a voi fratelli che ho molto amato
questa periferia cortese
e una frugale educazione cattolica.
*
Per coincidenza la strada era la stessa
girava l’isolato poi una zona d’ombra
faceva tra i palazzi una circonferenza.
Considera uno che va di fretta
un altro seduto al bar o quello
che tira il cane, tra i tetti un trapezio
bianche le stelle, il carro, la polare.
Se per esempio ti capita di osservare
l’uomo di pianura, vive spiegandosi
la vita come vede, lo sguardo
sull’asfalto, l’incrocio occasionale.
*
Siete così commoventi nella vostra libertà
bandiere danzanti, inutilmente in festa.
Ma tutte queste vite non potete ignorare
come le mille vissute. Sotto assedio
senza sapere, dovreste dare il buon esempio.
Cosa farete di questo negro mondo.