Nika Gradišek | Inediti

cura e traduzioni dall’inglese di Gloria Riggio
traduzioni dallo sloveno di Ariela Herček


Ad alta voce
n°7


Nika Gradišek è la campionessa nazionale slovena di poetry slam 2022. Studentessa dell’Università di Sociologia, lingua e cultura inglese presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Lubiana, ha rappresentato la sua nazione durante il campionato europeo di Poetry Slam 2022 tenutosi il dicembre scorso a Roma, con l’organizzazione e il coordinamento del collettivo Wow – Incendi Spontanei.

Nel corso dell’evento, svoltosi presso la Gallerie delle Arti nel quartiere di San Lorenzo, ventiquattro poeti e poete hanno rappresentato le rispettive nazioni di provenienza in quattro round mentre un pubblico internazionale e transgenerazionale assisteva alle performance e alle spalle degli autori scorreva la proiezione del testo simultaneamente in lingua originale, inglese e italiano. Di alcuni di questi artisti si leggerà su questa rubrica che ne ospiterà i testi e la traccia raccolta nel corso di quella occasione, coacervo di voci, di incontri e di uno scambio sulla realtà organizzativa propria della dimensione di ciascuno dei collettivi e delle associazioni presenti e del lavoro nelle rispettive realtà nazionali, con le conseguenti riflessioni, direzioni e modalità e con i rispettivi posizionamenti sociali e artistici.

Al di là del poetry slam nelle sue regole e misure – che pur testimoniando l’aspetto aggregante ed entusiastico proprio degli eventi che ne impiegano il format, ne rappresentano il tratto più controverso e volatile – la dimensione dell’ascolto ha, presso il pubblico, valicato le dinamiche agonistiche per la quasi totalità del tempo dell’evento, in favore di una partecipazione legata alla curiosità per le musicalità e i suoni linguistici, per i sensi, gli approcci, le forme, talvolta distanti o chiusi sino all’autoreferenzialità, ma qualche altra identitari senza con questo mancare di una cifra d’apertura universale. Quest’ultimo il caso del vincitore, Pablowski, che in alcuni punti delle sue performance è riuscito in questo, e di alcuni altri preziosi esempi: uno è quello di Nika Gradišek.

Il suo è un verso libero, interlocutorio ed intimo: la complicità della confessione diaristica cui si consegna un verso confidenziale e privo di postura è la stessa che concede di tanto in tanto di giungere – procedendo sulle quinte delle consuetudini quotidiane – a verità disadorne e per questo luminose, come in questi versi: «Domani ti sveglierai in un mattino blu latteo, /ti sarai lavato la faccia e mi avrai tolta dai denti, /mi avrai buttato all’angolo del lavandino /ma oggi ti perdono, /perché la vita è un rosario di piccole morti, /talvolta un rosario di dita che si trascinano /e noi /noi siamo la neve appena caduta /che non sarà mai più bella di oggi. […] La prossima primavera non sarà più un risveglio, /solo uno spargimento di vischio bianco e di edera sui cadaveri. /Abbiamo spento abbastanza fuochi /da riconoscere una casa in fiamme /quando ci addormentiamo». (The rosary of want, Gradišek).


I

Včasih dihaš kot morje
in drugič kot tiho premikanje zračnih mas nad Alpami,
tiho harmoniziraš obljubo jasnih, mrzlih noči
na drugi strani pečin,
odzvanjaš premor med koraki,
zajeto in zadržano sapo odpiranja sveta.
V vrsto bi postrojila Hanibalove slone,
tudi sama zagrizla v led,
jim skozi kilometre v velika, plapolajoča ušesa šepetala
Vem, da ne razumete,
ampak cilj ni priti preko,
cilj je umreti na poti,
ostati ob njej,
še eden od zasneženih balvanov,
da ne mine bučanje ogromnih valov vetra,
ki se za trenutek naslonijo na tvoja pleča,
vzkipijo v hladno peno in snežni pršec,
razprejo dlani,
ki jih ljubiš zeleno
in ljubiš modro
in predvsem ljubiš.
Največji cilj mi je
večno pisati srečno
in zato hudičevo slabo poezijo,
zamujati vsepovsod po minute ali dve,
se ne umikati moškim,
ki proti meni lomastijo po sredini pločnika
kot ogromen val peščene nevihte.
Obupala sem nad revolucijo
enkrat pri petnajstih letih,
a se mi je cilj še naprej pretvarjati,
da nisem,
Sedati na mokre klopce,
sezuvati mokre nogavice,
pozabljati ključe
in izgubljati dežnike.
Ko sedim na sovoznikovem sedežu ob tebi,
mi je cilj
nikoli več napisati nobene pesmi.
Tudi srečne in slabe ne.
Ker je pesem še vedno kričanje
in jaz hočem samo tiho presti
in globoko dihati
s tvojo roko na mojem kolenu,
čakati na poljube ob rdečih lučeh,
tapkati po stropu avta ob rumenih
in se ti smejati,
ko se jeziš
nad vsemi za sabo in pred sabo na cesti.
Tu ni prostora za pesmi,
ker je naju dovolj.

I

Some days you breathe as the ocean
and others as the hushed drag of air over Alps,
you harmonise quietly the promise of crisp clear nights
beyond those cliffs,
you resonate as the pause between steps, 
you inhale and hold the breath of the world unfolding.
I would line up Hannibal’s elephants,
sink my teeth into the ice,
whisper into their vast, fluttering ears:
I know you don’t understand,
but the goal is not to cross,
it is to die on the way,
left by the side of the road,
just another snow-covered boulder,
so the howling of the wind waves does not end;
they lean on your shoulders for a moment,
simmer into cold foam and snowy mist,
they open their palms,
how you love them green,
and love them blue,
and most of all just love. 

*

My greatest goal is
to always write happy 
and therefore astonishingly bad poetry,
to be late for everything a minute or two,
to not step out of the way for men
who stomp towards me down the middle of the sidewalk
like a towering wave of a sandstorm.
I gave up on the revolution
around my fifteenth birthday,
but my goal is to never stop pretending
that I haven’t,
to sit on wet benches,
to take off wet socks,
to keep forgetting my keys
and keep losing my umbrellas.
Whenever I sit in the passenger seat next to you
my goal is to never write a poem again. 
Not even a happy one, not even a bad one. 
Because a poem is still a kind of screaming
and all I want to do is just purr quietly
and breathe deeply
with your hand on my knee,
to wait for kisses at red lights,
to tap the roof of the car at yellow ones,
and laugh at you
when you rant about the cars in front of you 
and the car behind you,
there is no space for poems here,
because we are enough.

I

Alcuni giorni respiri come l'oceano
e altri come l'aria che si trascina silenziosa sulle Alpi,
armonizzando silenziosamente la promessa di notti limpide e cristalline
al di là delle rocce,
risuoni come la pausa tra i passi,
inspiri e trattieni il respiro del mondo che si dispiega.
Metterei in fila gli elefanti di Annibale,
affonderei i denti nel ghiaccio,
sussurrerei nelle loro orecchie immense e vibranti:
so che non capite,
ma l'obiettivo non è attraversare,
è morire lungo la via,
lasciàti sul ciglio della strada,
solo un altro masso coperto di neve,
così che l'ululato delle onde del vento non finisca;
quelle si appoggiano per un attimo sulle spalle,
si stemperano in schiuma fredda e nebbia nevosa,
aprono i palmi delle mani,
tu, come li ami verdi,
e come blu,
e più di tutto, come ami.

*

Il mio più grande obiettivo è di
scrivere sempre poesie felici
e quindi straordinariamente brutte,
di arrivare ovunque in ritardo di un minuto o due,
di non farmi da parte per gli uomini
che camminano verso di me al centro del marciapiede
come l'onda torreggiante di una tempesta di sabbia.
Ho rinunciato alla rivoluzione
intorno al mio quindicesimo compleanno,
ma il mio obiettivo è non smettere mai di fingere
di non averlo fatto,
di sedermi su panchine bagnate,
di togliermi i calzini bagnati,
di continuare a dimenticare le chiavi
e di continuare a perdere gli ombrelli.
Ogni volta che mi siedo accanto a te sul sedile del passeggero
il mio obiettivo è di non scrivere mai più una poesia.
Neanche una felice, neanche una brutta.
Perché una poesia è pur sempre una specie di urlo
e tutto quello che voglio fare è fare le fusa in silenzio
e respirare profondamente
con la tua mano sul mio ginocchio,
aspettare i baci ai semafori rossi,
battere il tettuccio dell'auto ai semafori gialli,
e ridere di te
quando ti lamenti delle macchine davanti a te
e della macchina dietro di te,
qui non c'è spazio per le poesie,
perché noi siamo abbastanza.

II

Pred ogledalom govorim sama s sabo
kot z otrokom,
kot z nečim mehkim in nenehno na robu joka,
kot z nečim kolcajočim in nenehno na robu smeha,
kot s keramično skodelico,
preden jo pospraviš v pomivalni stroj.
Razmišljam,
da bi nekoč rada napisala
nekaj svetlo modrega o tem,
kako je prvih nekaj trenutkov držanja za roke
vedno spotikajočih,
kako te dobri objemi pregnetejo kot glino,
da stojiš bolj ravno,
namočijo in posušijo
v sveže prepleskane stene.
Nabiram blato
na platforme svojih škornjev,
ga shranjujem kot upor
tlakovanim potkam in metlam
in štejem osvetljene sobe nad sabo.
Na vratu čutim 563 tihih vzdihov
med jutranjo kavo,
vsi se zlivajo
s toplo kuhinjsko lučjo,
brez robov
in voljno,
da po sekundi ali dveh
ne veš več,
da so bili tu.
Če me bodo na koncu vprašali,
kako je bilo,
bom povedala,
da sem večino življenja prespala na vlaku,
da je bil sedež zmerno neudoben,
kot pitje mlačne vode,
gravitacija postrani,
kot postaja v Kresnicah
in da sem vedno zamujala,
ampak da sem se nekajkrat
prebudila v razgled na rečno sotesko
in se zaljubila do konic prstov na nogah.

II

When I talk to the mirror-version of me,
I talk to it like you would speak with a child,
like you would speak with something soft and constantly on the verge
of tears,
with something hiccuping and constantly on the verge of laughter,
like you would speak with a ceramic cup
before you put it in the dishwasher.
I think about
wanting to someday write
a light-blue thing about how
the first few moments of handholding
are always a stumbling affair,
how some hugs knead you like clay,
so your spine straightens,
how they wet and dry you
into freshly painted walls.
I gather mud on the platforms of my boots,
collect it in resistance to
the paved paths and brooms
and count the lights in the rooms above me.
I feel 563 soft exhales on the back my neck
while I drink my morning coffee;
they all coalesce into the
warm kitchen light,
no edges to be seen,
they go willingly,
so that after a second or two,
it seems like they have never been
here at all.
If, at the end, they ask me
how it was,
I’ll tell them
that I spent most of my life asleep on a train,
that the seat was moderately uncomfortable,
like drinking lukewarm water,
like gravity askew
at a small-town train station,
and that I was always late,
but that I woke up now and then
to the view of the river valley
and fell in love to the tips of my toes.

II

Quando parlo con me allo specchio,
lo faccio come si farebbe a un bambino,
come si parlerebbe con qualcosa di fragile e costantemente sull'orlo delle
lacrime,
con qualcosa che singhiozza e che è costantemente sul punto di ridere,
come si parlerebbe con una tazza di ceramica
prima di metterla in lavastoviglie.
Penso a
voler scrivere un giorno
una cosa azzurra su
come i primi momenti di contatto
siano sempre un inciampo,
come alcuni abbracci ti impastino come argilla,
e rafforzino la spina dorsale,
come ti bagnino e asciughino
in pareti appena tinteggiate.
Accumulo fango sulle piattaforme dei miei stivali,
lo colleziono per resistere ai
ai sentieri asfaltati e alle scope
e conto le luci nelle stanze sopra di me.
Sento 563 sospiri lievi sulla mia nuca
mentre bevo il mio caffè al mattino;
si fondono tutti nella
luce calda della cucina,
senza che se ne vedano i bordi,
si muovono volentieri,
così che dopo uno o due secondi
sembra che non siano mai stati
qui.
Se, alla fine, mi chiedono
come è stato,
dirò loro
che ho trascorso la maggior parte della mia vita dormendo su un treno,
che il sedile era moderatamente scomodo,
come bere acqua tiepida,
come la gravità di traverso
in una stazione ferroviaria di provincia,
e che ero sempre in ritardo,
ma che ogni tanto mi svegliavo
alla vista della valle del fiume
e mi innamoravo fino alla punta dei piedi.

Ariela Herček is a young EN-NL-SL translator from Slovenia, currently finishing her English and General Linguistics Studies. She has translated many poems for international events and her own poetry has been published in Slovenian as well as international anthologies (Sunday Mornings at the River, Last Leaves). She’s currently part of the CELA international literary translation project.

Rispondi