cura e introduzione di Ilaria Palomba
Bordi
n° 3
Bastano questi tre componimenti tratti dalla silloge Khnopff (Casa del libro, 2023, a cura di Barbara Gortan) per sentire l’estremo mistico Alfonso Guida. Alfonso è per me il maestro, anche se lui non si definisce tale, tutt’altro. Di Alfonso sappiamo che abita i luoghi, è legato alla terra, vive nei cicli naturali, lontano dal trambusto metropolitano e dai riflettori. La sua esistenza è intrecciata alla sua poetica, consegnata alla dimensione del sacro. In lui ritrovo sempre Paul Celan, Antonin Artaud, Pier Paolo Pasolini e Amelia Rosselli. La precisione metrica, l’eco della musicalità rosselliana, l’erotismo omosessuale pasoliniano, misto a un sentimento conturbante dell’esistere e alla ricerca di Dio fanno di lui un pilastro della poesia contemporanea. In lui l’osceno e il sacro convivono, a tratti mi fa pensare a Bataille, ma Alfonso Guida ha con sé tutta l’esperienza del delirio, dell’apertura a un cielo infero, della convivenza con il Male, che resta però solo un ricordo. Se n’è andato, lasciando la scrittura purissima, mai sovraccarica, illuminata dal cammino eremita di un uomo che ha attraversato il fuoco. Parola, bellezza, simbolismo, sottrazione, erotismo, nostalgia, abbandono risuonano nella capacità di giungere all’essenziale con versi che danzano in una musicalità antica. Khnopff, e Van Gogh, e poi l’agognato vuoto: nessuno, perché tutte le ispirazioni si dissolvono nell’unico desiderio di restare in comunione con quel sé finalmente raggiunto.
Il silenzio
Le labbra calme,
le labbra addormentate,
l’indice che sigilla.
*
Nel semplice sesso sentivo il cosmo,
sentivo lo scudiscio e l’estensione
della macchia sul lenzuolo di bisso.
Non tramandavo il suono misterioso
delle cellule eppure un mezzo cenno
di sete era l’istante in cui la materia
toccava la mia immagine e iniziava
la strada metà vera metà recita.
Nel semplice amore alato del mito,
tutte le lampade si sono spente,
mi sono ricreato al buio e ho estinto
nell’altro il mio limite, nell’intreccio
la povertà della mia solitudine.
*
Te ne sei andato e io non sono più intero,
porti un nome lunghissimo, infinito,
perché sei tutti gli uomini che ho amato,
nel tuo volto un rovescio di ere, un cambio
di città, una radice multiforme.
Sei l’assoluto, il modello compiuto,
l’idea che nel tuo corpo ho perseguito.
Sei l’altare dei nudi a cui ho votato
la verità del mio tempo, l’essenza
di ogni luogo. Ho sempre cercato in te Dio.