traduzioni di Lorenzo Fava
Per i versi in lingua originale rimandiamo a The complete poems, Mariner Books, 1981
*
Alla sua maniera
Sono andata fuori, una strega posseduta,
ad inseguire il buio, più coraggiosa della notte;
sognando il maleficio, ho fatto il mio anatema
sulle case piane, ad ogni luce:
sola, con dodici dita, fuori di testa.
Una donna così non è donna, chiaramente.
L’ho fatto alla sua maniera.
Ho trovato il tepore delle caverne nei boschi,
riempite di tegami, mensole, scaffali,
armadi, tessuti, numerosissime merci;
ho preparato cene per vermi e folletti:
lamentandomi ho riparato le rotture.
Una donna come questa non è capita.
L’ho fatto alla sua maniera.
Ho cavalcato il tuo carro, cocchiere,
agitato le mie braccia nude ai villaggi che s’allontanavano,
imparando le ultime luci delle strade, sopravvivendo
dove le tue fiamme mi prendono le cosce
e le tue ruote mi spaccano le costole.
Una donna come questa non si vergogna di morire.
L’ho fatto alla sua maniera.
*
Disse il poeta all’analista
Il mio lavoro sono le parole. Le parole sono come marche,
o monete, o meglio, come uno sciame di api.
Confesso che mi fa male solamente la sorgente delle cose;
le parole sono contate come api morte in soffitta,
staccate dagli occhi gialli e le ali secche.
Devo sempre dimenticare come una parola possa chiamarne
un’altra, o un’altra ancora, prima che io dica
quello che avrei dovuto dire…
senza però dirlo.
Il tuo lavoro è supervisionare le mie parole. Ma io
non lo ammetto. Io lavoro al meglio, per esempio,
quando tesso le lodi alle macchinine dei gettoni,
da quella notte in Nevada: nel dire come la magia della vincita
può scaturire da tre campanelle su una schermata fortunata.
Ma se tu dicessi che non è così,
mi indeboliresti, ricordando come le mie mani fossero divertite
ridicole e piene fra tutti
quei soldi creduti.