Francesco Ottonello | Isola aperta

di Giulio Medaglini
da Isola aperta (Interno poesia, 2020)


Per attraversare le pagine di questa raccolta d’esordio (Interno Poesia, 2020), possiamo anche noi abitare l’isola, esplorarne il significato, le sfumature, i limiti che la parola assume nella poesia di Francesco Ottonello, autore a cui la Sardegna ha dato i natali. Ottonello infatti è nato a Cagliari nel 1993 ed è in questo dato biografico che possiamo ricercare una prima matrice della sua Isolatria[1]. Isola è innanzi tutto casa, in cui il poeta sa che due occhi saranno sempre lì ad aspettarlo e basteranno a dirsi tutto («casa tua due occhi in attesa / guardano te, non dicono di più», p. 61); è il nido pascoliano, un luogo del ritorno in cui tutto ha origine prima della Traversata (titolo della prima sezione), che trova una tappa decisiva nell’Erasmus in Germania (Il viaggio di Romeo, seconda sezione), per poi attestarsi sulla città di Milano (Censurato e Fermi nella secca, terza e quarta sezione). Questo allontanamento ne segna la dissoluzione, la perdita, che come già potevamo leggere nella prima sezione in Presagio, lo faranno sentire «monca radice» (p. 18). L’isola, però, è anche la lingua sarda che rischia di essere fagocitata dall’Italiano e che in Isola aperta affiora in un gesto di resistenza, di affetto verso la propria terra, patria di una delle più antiche lingue romanze, che in queste pagine appare a tratti, come una traccia nelle sue due varianti principali: il logodurese e il campidanese. Racchiude dunque l’isola di Ottonello le emozioni nella sua accezione più vasta, perché è l’insula[2] la regione celebrale che ci permette di percepire il dolore, la felicità, l’empatia nelle relazioni con l’altro e senza la quale «saremmo per sempre slegati da noi», come l’autore scrive in una delle tre prose poetiche di intersezione(p. 37).

«Dio ti ha voluto per non essere voluto
quello che sei e non potrai mai essere,
se amerai un uomo sentirai la pietra
scagliarsi sul viso per volere di Dio,
frantuma le tue ossa, se ami muori».

La tragicità che culmina nel verdetto se ami muori è capace di togliere il fiato, di aprire una voragine con cui il lettore deve fare i conti, perché quella voragine è anche il suo mondo: un mondo in cui «gli ingranaggi ci trascinano» (p. 72) e tutto «resta nuovo come prima» (p. 74). A questi scoramenti si appongono, come evidenziato da Tommaso di Dio nella prefazione al libro, momenti di slancio, di appello accorato ai giovani affinché siano portatori di un cambiamento: «ragazzi acerbi, prima di sparire / annaffiate il mondo saremo altro» (p. 44). Ecco che la poesia di Ottonello sa trovare nella realtà con cui si scontra anche delle possibilità; sa ridestarsi da una condizione che non è mai abbandono, rinuncia. Sono versi che possono elevarsi dall’abisso, essere luce, fuoco che vuole vivere con intensità. Lo si nota, ad esempio, nel ricorso all’imperativo «eccedi» in Fai di te un altro te, in cui il poeta, con una eco al decimo sonetto di Shakespeare, esorta a vivere «sbranando», ad «espatriarsi» per riuscire ad amare oltre il proprio io. La scrittura di Francesco Ottonello dà voce così a una pluralità, aprendosi a quello che definisce «sogno di arcipelaghi» (p.72) verso cui tendere a partire da un’isola che si apre «per esistere ancora» (p. 65).

Note

[1] Neologismo coniato da Antonella Anedda in Isolatria. Viaggio nell’arcipelago della Maddalena

[2] Ottonello ne parla nella poesia Schwarzwald, 2015 (p.37)

Riferimenti bibliografici

Anedda A. (2013), Isolatria. Viaggio nell’arcipelago della Maddalena, Bari, Laterza;
Buffoni F. (2007), Più luce, padre. Dialogo su Dio, la guerra e l’omosessualità, Roma, Luca Sossella.
Ottonello F. (2020), Isola Aperta, Latiano (BR), Interno Poesia Editore.


Poesie da Isola aperta

Sarai sterile tua madre morirà –

il mio grido assorbito dalla terra
dentro qualcuno, e niente, eppure, sai
essere di parola è scrivere
solo per un gesto

Lucis opacis

Dio ti ha voluto per non essere voluto
quello che sei e non potrai mai essere,
se amerai un uomo sentirai la pietra
scagliarsi sul viso per volere di Dio,
frantuma le tue ossa, se ami muori

rivedo e scrivo a Milano dove vivo,
può uccidermi anche il pensiero di un uomo
solo nel buio di una luce sconosciuta
un tempo, che ora chiamo

rispondi e rieducami a un amore
la mano presa un atto di coraggio,
quel brusio inciso che non va più via.

Fai di te un altro te

Per l’amore di me. Eccedi.

Questo emergere è espatriarsi
oltre il latte materno e le galassie.
Si poteva davvero amare, in noi
Implosi, definirsi, ma qui si espande
lo sfranare dei narcisi

vivi sbranando, sapendo sparire
una volta infinitamente per tutte
per finirla, per finirci, Francesco.


Francesco Ottonello (1993) è dottorando di ricerca in Studi Umanistici Transculturali presso l’Università degli Studi di Bergamo. Si è laureato in Lettere Classiche con una tesi in Letteratura Greca presso l’Università degli Studi di Cagliari e specializzato in Filologia Moderna con una tesi in Letteratura Latina presso l’Università degli Studi di Milano, svolgendo un periodo di ricerca presso l’Albert-Ludwigs-Universität Freiburg. I suoi ambiti di ricerca sono inerenti ai Classical Reception Studies (riusi latini e greci), alla poesia latina e neolatina, alla poesia italiana, ai Gender e Translation Studies. Ha pubblicato la monografia Pasolini traduttore di Eschilo. L’Orestiade (Grin 2018), saggi, articoli, recensioni per riviste quali «ACME», «Romaneske», «Traduttologia», «L’Ulisse», «l’immaginazione», «OBLIO», «Atelier», «Le parole e le cose», «Nazione indiana». Ha preso parte a vari convegni internazionali presso le Università di Perugia, Siena, Aix-Marseille, Bergamo, Oxford. Dirige il progetto MediumPoesia (www.mediumpoesia.com) ed è redattore di «Bezoar – Rivista di poesia contemporanea» (Perrone 2021-).

Giulio Medaglini è nato a Montepulciano (Si) nel 1998. Ha conseguito la laurea triennale in Lingua e cultura italiana con il massimo dei voti all’Università per Stranieri di Siena, incentrando la sua tesi sull’opera poetica di Antonella Anedda. È stato finalista di alcuni concorsi letterari come il Concorso nazionale G. Gioachino Belli e il Concorso letterario dedicato a Mario dell’Arco. Alcuni suoi articoli critici sulla poesia di Stefano dal Bianco e di Milo de Angelis sono apparsi su Poetarum Silva e Intermezzo Rivista. Attualmente sta proseguendo i suoi studi presso la facoltà di Italianistica all’Università di Bologna.

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