Giovanna Rosadini | Un altro tempo

a cura di Lorenzo Pataro
da Un altro tempo (Interno poesia, 2021)
fotografia di Dino Ignani


Il vento ha lucidato il mondo
tutto è luce e splendore, fuori
il mare palpita di vita nuova,
specchio rovescio del cielo.
Fine estate e non sapere ancora
quale sarà l’esito di questa cura,
quanto di noi avremo ritrovato
in questa clinica che ha accolto
le nostre esistenze residuali
sgranate dentro i giorni tutti uguali
della custodia per la guarigione
e il lenimento, ciascuno con i propri
mali ed opportuno trattamento,
ciascuno in qualche modo
deprivato di ciò che prima è stato,
inerme e depotenziato.
In questa palestra affacciata
sull’orizzonte alto e aperto
che sfuma il continente
ci affidiamo a chi ci insegna
a ricordare quello che già siamo –
ma abbiamo perduto in un buio lontano.

I

All’inizio c’è questo lentissimo riaffiorare alla coscienza, sprazzi di luce che per brevi istanti fanno esistere il mondo: la tenda pieghettata oltre il vetro di fianco al letto, illuminata da un raggio pulviscolare di luce; qualcuno che mi issa in piedi prendendomi sotto le braccia da ambo le parti, e come in sogno il piede sinistro che si piega quasi fosse di burro, non reggendo il peso… Poi, ripiombata nel buio, le voci, le voci che mi parlano e si parlano fra di loro, il mio nome, il loro raccontare che dà forma ai miei sogni, i sogni che sfumano in bagliori di vita ritrovata, ma il sogno è la vita che si ritrova e rinnova nel remoto della mente non desta, mentre il corpo abita l’implicita deriva del sonno, perduto a sé stesso.

III

A poco a poco il giorno si fissa, diventa un continuum di immagini e presenze, a partire dall’inquadratura che isola, oltre la porta della stanza, una pingue ausiliaria che lava il pavimento del corridoio, con un carrello fornito di secchio e spazzoloni accanto. Piego le gambe, mi guardo la punta delle ginocchia ossute che emerge dalle lenzuola (la gamba sinistra sembra più sottile, ma ci vedo bene?). Ogni parte del corpo duole, le giunture sono come arrugginite e fuori uso, uno strano torpore formicolante si è impadronito degli arti, e la spalla sinistra è in fiamme. Cosa è successo al mio corpo?

XXIX

Sto imparando la gratitudine: per la seconda possibilità che mi è stata data, per la bellezza del mondo che posso attingere anche fra queste mura, la dolcezza delle sere estive in giardino, la luminosità accesa del mare che mi accoglie ogni mattina oltre le finestre della palestra, per la partecipe dedizione di medici, terapisti ed infermieri, per l’amore che quotidianamente mi testimoniano i miei cari.

*

Non lasciare deserta la terra dei ricordi
dentro quel buio fermentato di nostalgia
si accendono bagliori di compiutezza
come quando, nel perfetto silenzio dei monti,
la neve scricchiolava sotto i piedi
o in acqua, al largo di un intenso blu
estivo, nuotavi intorno alla barca con i tuoi,
o il giorno che lei è arrivata, nella stanza
della clinica colorata dal tramonto,
in quattro ci siamo sentiti completi.
Sei stata felice, e non lo sapevi

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