Spostamenti #37 | Alessandro Santese

a cura di Giovanna Frene
da Vento nelle mani degli uomini (Crocetti, 2022)


SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole


Si viene per guardare i viventi alla notte,
si viene al poco vivere,
fino al tempo ultimo che si apre
del distacco, nell’assurdo che è questo
compiersi del sogno nella luce ed è un uomo
o un gesto
d’altri, disseppellito
in altri, di mano in mano. E sono tutti, uomo
o gesto che alla luce d’un rimorso tornano e nell’ombra
a disfarsi ancora.
E ancora.

Si viene nell’eterno delle ombre, per ritrovarvi.

Dentro una luce fioca.

Inverno

Cosa è questa
scaturigine blu,
questa inaccettabile luminosa
abusata
menzogna.

Ci portano via.

Le scale, colpo su colpo, tremano;
e noi con loro.
Poi i tubi del
gas
sfrigolano nelle sottilità delle mura
e ancora più dentro,
nella maschera antica
che portiamo alla bocca oscuramente
come nell’aria l’airone
delle montagne che chiede soltanto di
volare fino alla sua morte
dove, a strappi,
nubi concentrano
forze,
per poi incrinare un giorno, ora dopo ora, spezzandola
lievemente, come qui,
la pupilla vetrina di chi resta
e fissa la oscura
cosa sferragliante che si muove dietro il buco nel muro,
grande un buco nel muro.
E ancora;

dalle scarpe con il fango poggiate
sulla gialla porta,

ci portano via. Il fuoco entra,
carezza il legno e noi sentiamo.

Le travi ruotano, sembrano giostre,
e forse non
resistono, scrivo,
come i capelli
colore del rame della donna che più
a terra non grida, d’improvviso,
la vedi e non
grida,
lontana un’ora soltanto come noi
dalle risa del cortile che aprono le porte la mattina e
dalle vene azzurre e terse
copiose nella testa colpita e
denudata dalle cesoie del
gelido inverno che compiono
ciò che
giorno dopo giorno deve essere compiuto,
sempre,
ma non soltanto
ora, sebbene
tu possa dire
“anche ora” e “soltanto ora”,
per abitudine o vana obbedienza:
bianco o nero
uomo che fosse
non importa,
adesso, nella nebbia
a uno a uno
esseri via gelidamente
ci portano via
da qui, dove tu
tra poco, come me,
visibilmente sanguinerai.

La luce delle nove

Piombano in una stanza le azzurre sfere
sfiorando una mattina
una carezza e i fili
del gas
ti portano appena via
poi, nelle sirene un giorno, lungo il perimetro
dell’urlo che a poco a poco ti accerchia e ti perdona,
a poco a poco trovando il centro, l’innesco fragilissimo: cercava
te tra tutti,
e tu, mio amico, hai cantato.

Gli occhi, i tuoi

Nella notte vengono, nelle dita
che vengono e segnano la fronte
e un bacio appena che si sfa nel fiato e non diventa una
carezza e non
diventa nulla
diventa fiato
e una croce sulla fronte e la cancellano, con furia una
croce
e la cancellano,
entra
la voce nel bisbiglio di chi si è incamminato
nel vento dei tendami e per sempre
ritorna volendo pallida ogni bocca
e gli occhi, i tuoi, per dire
cosa è stato
fino alla fine essere
qui, una domenica, sotto l’ombra di un qualsiasi platano,
dentro l’erba
in cui si muore un giorno e non si dice, quando il cielo
era grande
e cresceva dentro noi
come il piangere che ti accolse
spalancando alla luce
gli occhi, aspettandoti oltre le soglie, muto, e brucia i volti
in silenzio giorno
dopo giorno, li dissecca
un bagliore di candele
accennando una via, un ritmo, una morte
tu seguila, amore, tu, dimenticala.

*

Questo è il corpo, la rottura
di questo
corpo che entra
nell’immanifesto e si mescola
al buio del fiato,
ciò che io davanti agli occhi ti nascondo e che senti, dentro, con forza

premere e sanguinare, con timore e
ossessione, come di cosa o radar che si sbriciola
e ti sbriciola a poco
a poco alla luce la vita, l’intera, – guarda – oltre la vita,
quando le mani accolgono
in silenzio, senza sapere
non una carezza, prima di tutto, appena prima che
tutto finisca.


SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole


Questa rubrica di poesie, Spostamenti, nasce dalla necessità prima di tutto di dare voce al testo poetico mediante un commento, inteso questo come pratica di lettura e rilettura lenta, necessarie per cogliere quei meccanismi del testo che spesso la lettura veloce che il web suggerisce occulta. Per certi versi, la pratica del commento tanto somiglia a quella che, nell’ornatus, è la caratteristica dei tropi: si tratta di compiere uno spostamento, una sostituzione, un cambiamento di direzione che investe un elemento originario, e che nel nuovo elemento che sorge altrove rivive in una veste traslata. La pratica del commento, infine, richiede un servizio umile e gratuito al testo poetico.

La rubrica avrà inoltre uno spazio dedicato alle “parole sulle poesie”, ossia alla recensione e/o segnalazione di libri di poesia, ma anche a testi che verranno ritenuti utili per quel che concerne la dimensione del fare poetico. In quanto a ciò che viene designato con “parole sulle parole”, si intende dare spazio all’ambito saggistico, ma anche a interventi di poetica e a interviste, con apertura a tutti coloro che desiderino dare il loro contributo.

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