a cura di Giovanna Frene
da Altre stanze (Le Lettere, 2023)
anteprima editoriale
Il volume, in uscita venerdì 3 marzo 2023, verrà presentato in prima anteprima, mercoledì 22 febbraio alle ore 18 a Milano, da ‘Verso Libri’; in seconda anteprima, domenica 26 febbraio alle ore 17 a Firenze, alla fiera TESTO.
Nota dell’autore
999 rooms, di cui sono qui raccolte le prime 198 “stanze”, nasce – ormai dodici anni prima dell’uscita del presente volume – come progetto in inglese per una ragione deliberata. Se oggi il mio mestiere è la scrit- tura, lo devo anzitutto ai poeti di lingua inglese che scovai, compulsando il volume ben oltre il program- ma, nell’antologia del liceo. Blake, Coleridge, Yeats, Pound, T.S. Eliot e Owen prima di tutti, e poi ancora Pope, Dickinson, Plath, Cummings, Walcott, furono i primi a “parlarmi con parole potenti”, per dirla con Ginsberg (un altro che poi lo fece!) e a mostrarmi, quindi, che la letteratura poteva essere qualcosa di straordinario. Qualcosa a cui si poteva anche consa- crare l’esistenza: questo lo compresi solo diversi anni dopo, ma erano stati loro a sussurrarlo nel mio orec- chio di adolescente. La mia strada è stata poi quella della prosa nella mia lingua, che è l’italiano; ma se avessi dovuto fare, per una volta, della poesia, non avrei potuto usare altra lingua che l’inglese. Alla fine è capitato, e così ho dunque operato. C’era un debito enorme da rimettere, e Altre stanze è un piccolo gesto in tale direzione.
La traduzione italiana è mia, e non essendo io un traduttore di poesia, è da intendersi anche come una sorta di “guida alla lettura” per chi non conosce, o conosce poco la lingua inglese. Va da sé che molti elementi – scelte metriche e di suono, doppi sensi, riferimenti intertestuali, citazioni, sono reciprocamente perduti; per chiarezza di riferimento si è altresì scelto di mantenere gli a capo originari a dispetto di quel che imporrebbe una eventuale metrica italiana. Per questo chiedo venia al lettore non anglofono e a quello non italofono, e allo stesso tempo invito entrambi a compiere il proprio percorso, incrociandolo là dove possibile e desiderato.
Room 1
Room 1 is filled with water.
Stanza 1
La stanza 1 è piena d’acqua.
Room 4
The walls and floor of room 4 are plastered with lime mortar; near the northeastern corner, wheat, barley, corn, durra and rye are hoarded in five conical piles.
Stanza 4
Le pareti e il pavimento della stanza 4 sono intona- cati a malta di calce; vicino all’angolo nordest, grano, orzo, malto, sorgo e avena sono ammassati in cinque mucchi conici.
Room 26
Room 26 is a big mouth’d cave from which the moon’s pale orb is seen climbing up a pathless sky, her dainty beam soothing the joy austere of contemplation.
Stanza 26
La stanza 26 è una grotta dalla gran bocca da cui il globo pallido della luna si vede scalare un cielo senza vie, il suo raggio delicato che addolcisce la gioia austera della contemplazione.
Room 160
in the middle of this cloister, a garden of daisies and yew trees, in too theatrical a gesture you hold your forehead in your hands to hide from the sun malignant like Google & his kin your pointless crying the small size of your vanities... but fate taught you truces are risky (neither the clouds are friend to man) ... fever as mean of expression, death as an atemporal blossom, locks not getting gray, etc.
Stanza 160
in mezzo a questo chiostro, un giardino di margherite e tassi, con un gesto troppo teatrale ti prendi la fronte tra le mani per nasconderti dal sole maligno come Google e suo parente il tuo pianto insensato, la ridotta dimensione delle tue vanità... ma il fato t’insegnò che le tregue son rischiose (né le nubi amiche dell’uomo) ... la febbre come mezzo d’espressione, la morte come un bocciolo fuor dal tempo, i riccioli che non diventano grigi, ecc.
Room 168
Finally you are: born from weak womb, all misery like flower to short life doomed far from good and from rest; may the day of your birth die, and the churn’d earth where you fell, may that black ground die, too. Will you ever consider how much a very day is worth? Certainly not: know, now, that death and your days are rings of the same chain; remember, the only wise man is the one who lives all hours like the one where the bell tolls – or, at least, that’s what the thunder said, eh.
Stanza 168
Finalmente sei: nato da debole ventre, tutto miseria come fiore a breve vita destinato lontano dal bene e dal riposo; possa il giorno in cui nasci morire, e la terra smossa dove sei caduto, possa morire pure quel nero suolo. Rifletterai mai su quanto valga un giorno fatto e finito? Certo che no: sappi, ora, che la morte e i tuoi giorni sono anelli della stessa catena; ricorda, l’unico uomo saggio è quello che vive ogni giorno come quello in cui suona la campana – o almeno, così diceva il tuono, eh.
Grazie! Riporto qua in calce la nota finale, utile per spiegare il perché gli “a capo” possono apparire arbitrari in italiano.
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Nota dell’autore
999 rooms, di cui sono qui raccolte le prime 198 “stanze”, nasce – ormai dodici anni prima dell’uscita del presente volume – come progetto in inglese per una ragione deliberata. Se oggi il mio mestiere è la scrit- tura, lo devo anzitutto ai poeti di lingua inglese che scovai, compulsando il volume ben oltre il program- ma, nell’antologia del liceo. Blake, Coleridge, Yeats, Pound, T.S. Eliot e Owen prima di tutti, e poi ancora Pope, Dickinson, Plath, Cummings, Walcott, furono i primi a “parlarmi con parole potenti”, per dirla con Ginsberg (un altro che poi lo fece!) e a mostrarmi, quindi, che la letteratura poteva essere qualcosa di straordinario. Qualcosa a cui si poteva anche consa- crare l’esistenza: questo lo compresi solo diversi anni dopo, ma erano stati loro a sussurrarlo nel mio orec- chio di adolescente. La mia strada è stata poi quella della prosa nella mia lingua, che è l’italiano; ma se avessi dovuto fare, per una volta, della poesia, non avrei potuto usare altra lingua che l’inglese. Alla fine è capitato, e così ho dunque operato. C’era un debito enorme da rimettere, e Altre stanze è un piccolo gesto in tale direzione.
La traduzione italiana è mia, e non essendo io un traduttore di poesia, è da intendersi anche come una sorta di “guida alla lettura” per chi non conosce, o conosce poco la lingua inglese. Va da sé che molti elementi – scelte metriche e di suono, doppi sensi, riferimenti intertestuali, citazioni, sono reciprocamente perduti; per chiarezza di riferimento si è altresì scelto di mantenere gli a capo originari a dispetto di quel che imporrebbe una eventuale metrica italiana. Per questo chiedo venia al lettore non anglofono e a quello non italofono, e allo stesso tempo invito entrambi a compiere il proprio percorso, incrociandolo là dove possibile e desiderato.