Cristina Alziati | Quarantanove poesie e altri disturbi

a cura di Giovanna Frene
da Quarantanove poesie e altri disturbi (Marcos y Marcos, 2023)


SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole

n°54


L’eco

Dentro la notte spessa
– fatte salve le stelle –
per il pascolo alpino me ne vado
al cospetto assoluto del Gran carro
che tocca da sempre il crinale dei monti.

Nell’aria ferma, di cristallo
muove ora una voce – sono
in un luogo strano
e dentro un tempo strano, dice.
O forse è un’eco, e io non so
se sia dal fondo della valle
o dai larici radi, a provenire
e non lo so dove rifranga
se mentre dice proprio qui esisto
e ora io
dai secoli e altrove esisto
la odo dire.

D’Europa

O forse nemmeno il lichene
verrà risparmiato, o la luce di oggi
è già oltretomba. Le settimane andate
possono alternativamente dirsi
pace o deserto, ormai fa uguale.

Io a malapena qui odo
tubare il colombo che all’alba
viene a posare sopra la ringhiera
su una coltre di neve. Nel panificio
più costoso d’Europa
in largo La Foppa a Milano
cercava briciole di pane.
Ammazzalo, gridavano – elegantissimi
a quello di loro con il bastone in mano.

Qui ora io altro non odo
che un tubare innevato, che viene
da ringhiere di cenere.

Risposta

ad Alberto Bertoni

«Come farai – domandavi una volta –
a scrivere ancora
dopo l’ultimo tuo libro di versi
come farai adesso?». Infatti non scrivo.
Ripeto soltanto che il dolore
è reale, e passato.
La storia è ciò che ho raccontato
di poco peggiore il presente
e non ne voglio dire.
Non troppo lontano infuria
un branco di cani.
Oltre il misero bosco, uguale latra
dentro la notte o l’alba, uguale.
Come faremo, adesso.

Culla

a mia figlia

La biologia che in un istante
me porterà a non più esistere
mentre tu duri, l’immagine
che sarai tu a soffrirne, questo
vorrei dirti, è il doloroso lascito
che porta il nostro amore.

 Ma tu, cosa ne sai del mio soffrire?
risponderesti, e invero
è solo tuo il sapere.
Ma nostra è la chiara mattina
e il vento, in cui guardiamo
le foglie tremanti e le gracili tele
da qualche ragno tessute nella notte
cullare imperturbata la rugiada.

L’amàca

Con certezza posso dire soltanto
contro che cosa, a volte, ho scritto. Il resto?

Oltre la notte dondola
fra luce e buio la mia amàca
tesa ai margini acuti di grazia
che un fiore
la ruggine dei rovi trafiggendo
ostende.

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