Gilda Policastro | La distinzione

a cura di Giovanna Frene
da La distinzione (Perrone, 2023)


SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole

n°56


Scrolling

quello che non si capisce, 
che non capiscono 
è il ferro: 
Enel registra il minimo (o il massimo, verificare) 
dei consumi nella fascia mattutina: 
ha stirato, non ha stirato, 
il filo l’ha strangolata con le camicie appese, 
ordinate, 
almeno avrà di che vestirsi, lui là 

è il dark web, si scopre la morte spawnando
giù giù in fondo
tappeti come elastici ti rimandano indietro
a salti (I fucking won) 

azioni sparse in regolare disordine: 
tu io essi sopraggiungono chiamano 
in persone dalla seconda alla terza 
guai la prima, 
l’io puzza 

Poesia ASMR1

Abiura di quelle poesie lutto
così confessional 
(dici che non esiste il trauma, 
proprio tu, che n’hai abrasi due, seccati
come birilli, al bowling delle metastasi)
abiura pure delle poesie per strada
(sei la prima occorrenza su internet all’eavesdropping
e a VM, sono piaciuti i captcha)
Esco poco la sera, nome di una pizzeria 
paradossale: lievito madre e solitudine
abiura poesia protesta, sindacale: 
non ho cenato, non ho dormito
poesia deficit cumulabile con altre intermittenze

mi piaceva cadere i vestiti, 
che dicessero: ma hai visto, come ti cadono
poesia anoressia: abiurata
(29 anni è tardi, di solito adolescenziale
 o genetica secondo gli ultimi studi: colpa di chi?
della ovviamente madre)
Abiura del sonno di tutte quelle ore d’oro 
della mattiniera: che hai tu, bocca
dimmi di quel sogno, ci faccio una poesia asmr:
terremoti che arrivano, che li temiamo
corro per le scale, la zia grida aiuto
alle zitelle del terzo piano 
adesso ci sta un ingegnere, lavora a Napoli
la casa l’ha presa per i weekend
ma lo sa che non è antisismica, controintuitiva
(il cemento oppone resistenza e crolla, lasciarsi andare 
alle oscillazioni – il peggio è sussultorio –)
Ce li siamo raccontati tutti, 
i nostri terremoti, anche con F., mentre nuotavamo: 
poesia narrativa, abiura, abiura 
Sai, diceva, G., che ti sai proprio stare a galla bene
chissà se era un traslato
e hai una voce asmr, dicevi invece tu, 
ma non mi avevi spiegato
ch’era un fatto di nervi non di orgasmi (mentali, su Google)
poesia chat: finita, quell’epoca
dei tremori virtuali: pur sempre sentimenti, amplificati
ça va sans dire: abiurare

1 per “auto-posizionamento” vuole intendersi la collocazione di sé come autore e/o della propria opera in un’area letteraria più o meno connotata ed individuata. Tale collocazione potrà risultare coerente/incoerente rispetto a quanto effettivamente emerga dalla verifica della scrittura, con eventuale necessità di ri-posizionamento in caso di evidente incoerenza

Gusto-fame

Avevamo fame pallidi magri mangiavamo niente la spesa l’hai fatta tu e non l’aveva fatta apriva una scatoletta di tonno la impiattava dalla lattina e ci scolava la pasta senza mescolare io affettavo due patate due carote senza cipolla veniva un’acqua tinta e un’ora dopo avevo fame anche lui aveva fame e ci guardavamo magri e disperati sempre più pallidi e pensavamo a cosa mangiare ma non c’era niente aprivamo e niente c’era da mangiare stavolta la spesa la fai tu ma si scordava tanto aveva il tonno che rovesciava senza mescolare e avevamo fame e ci guardavamo magri e disperati e pensavamo a chi vive di stenti non avevamo di che pagare le bollette però ogni tanto ci vestivamo bene e andavamo al ristorante eravamo magri e senza soldi il vino lo prendono no per carità acqua senza gas eravamo talmente magri che quella pasta del ristorante impiattata bene e mescolata non ci bastava eravamo pallidi e avremmo dovuto bere del vino rosso mangiare la carne ma sei pazza guarda quanto costa e niente lo volete il pane meglio di no grazie due euro in più non possiamo ci alzavamo da tavola pallidi magri ben vestiti e con tanta fame adesso torniamo a casa e ci facciamo la pasta di rinforzo col tonno avanzato eravamo debilitati non sapevamo dove sbattere la testa tossivamo di notte ma più spesso dopo pranzo se qualcosa mangiavamo e dopo erano visite lastre ma non usciva che la fame la malnutrizione è causa del vostro malessere e di tutta quella tosse è produttiva chiedevano ma non lo sapevamo se era fame tosse da fame come il tale che sgranocchiava le pietre e piuttosto rubavamo il caffè non lo pagavamo con la scusa che ci conoscono ed è proprio quello il modo in cui li freghi oppure al contrario dov’eravamo solo di passaggio ci alzavamo piano nessuno ci avrebbe fermato e prendevamo anche i vasetti se non c’era l’antitaccheggio o toglievamo i codici e rubavamo anche al supermercato grande rubavamo quando avevamo fame ma anche quando non ne avevamo pensando a quando ne avremmo avuta di nuovo e guardavamo i programmi e mangiavamo i piatti con gli occhi anche quando ci disgustavano e quando qualcosa non l’hai è lì ogni momento e noi pensavamo alla colazione dell’indomani il pasto facile con il latte a 0.99 ci stai bene una settimana razionare il cibo congelare il pane tutto perché abbiamo fame quelli la roba la buttano ma non possiamo noi che abbiamo sempre fame che non abbiamo soldi che non ce ne dà nessuno nemmeno se per ipotesi lavoriamo un giorno o due quando abbiamo fame a volte mangiamo lì all’angolo sotto il sole e quando fa caldo è peggio abbiamo ancora più fame oppure scambiamo per fame quella spossatezza che ci toglie le forze e a stento riusciamo a mangiare e poi c’è sempre il tonno una volta a casa ci condiamo la pasta per rinforzare e l’unica cosa che ci tortura al di là del disgusto che abbiamo certe volte per il cibo è la fame tanta di quella fame che ci saremmo mangiati pure i sassi a quel punto e guardavamo sempre quelli che mangiavano perché quando non hai da mangiare sei come un segugio è sulle tracce del cibo che te ne vai in mezzo agli altri mentre i sazi non ci pensano nemmeno a mangiare sono meno allertati senza quel compito quella fatica di pensare a quanto vorresti mangiare prima o dopo senza pensarci 

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