Deidda, Palomba, Vetere | Sciami #5

di Giorgia DeiddaIlaria PalombaEmilia Vetere
la fotografia di Ilaria Palomba è stata scattata da Dino Ignani; quella di Emilia Vetere da Giulio Irving


Lo sento, questo, ed è un dolore vivo;
buio accecante, e mi spaventa solo
non avere più paura di uccidere. 

Lo scorrere di strade solitarie; 
le storie di vite che rimarranno 
memorie amare di sorrisi e spine. 

La mia rabbia, lo generalizzare;
il tentativo cieco di capire 
cos'è che ha stabilito ogni confine. 

E si accavallano timbri e frontiere. 
Ricordi e gioie, vita e sofferenza.
Incapace di innamorarmi ancora,
incapace a provare indifferenza.

*

Cosa fa di una zolla l’armatura
impudicizia da doppelgänger? 
Astrale rovente ricerca virtuale 
del senso rovesciato - grande io
scomposto in decimo limbico -
larvale, placido starsi accanto 
nella stanza Satantango grande
e piena di cocci. Vorrei tu mi 
strappassi le vesti, i capelli, 
poi lembi di pelle, lo scheletro 
guasto. Voglio restarti addosso
puro desiderio senza corpo.

*

È lucido l'opale degli occhi;
porta con sé il nero carbone
che raccogliesti sul monte, d'estate.
E morire sulle rive del mare,
Tadzio adolescente e di piuma, compatto.
Sostava l'acqua; il tempo fermo, indispettito.
E così, seduto sulla tua banchina,
moristi - la tua ultima visione, il fanciullo.

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