da Poesie. 1973 – 2008 (La camera verde, 2010)
(di una vita non rimane quasi niente e quello che rimane, spesso, non è vero) (prendi a misura, adesso, com’è il rumore, fuori, della notte) (di più falso non c’è nulla che il voler dire il vero) (è vero questo approssimarsi. è vero che a qualcosa, sempre, noi ci approssimiamo - anzi, ci avviciniamo, che suona meglio, ed è meglio di niente)
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ti lascio qui con queste nubi cariche di pioggia striate da un bagliore che ti risveglierà, anche domani, quando avrai più ricordi da pensare. vado nella penombra che rimane, dove ritorno, adesso, adesso che potrà ricominciare, che potrei, adesso c’è soltanto il desiderio: lasciare, lasciare intatto questo momento prima del dolore, quando il dolore è diventato nenia di conforto e poi silenzio, questo silenzio che sentiamo insieme, adesso – è adesso che sappiamo, in questo momento che divide ti lascio qui
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ciò che è finito, che finisca, che non passi più tempo sopra il tempo che è scomparso, che finisca perché un altro nulla lo prosegua, lasciando un'altra traccia che esiste solo per tornare e non si può tornare (e stare, questo stare, è l'ombra del suo andarsene, via, fino al mai più, al mai dove - dove sarà il mai)
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l'onda che arriva sempre, la sabbia non asciuga mai. così dev'essere. ciottolo, alga mosche sul muco, verde, di un altro cane morto. coda che ha tra le gambe, stanca, arsa dal sole, e il sale, a fare l'ombra all'uovo di un crostaceo. tutto come dev'essere, nell'ordine, ogni volta che l'onda sparge l'acqua, sempre, finché dall'alba il sole batterà sui ciottoli, da farli caldi, i calli, di un piede dopo l'altro, la polpa prosciugata delle dita, la sacca, la risacca, il vento, il dove, il dove mai sarà.
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Il sogno è quello del cerbiatto quello che bruca, gli occhi sorridenti. Però ha il ventre troppo gonfio e da uno zoccolo esce un liquido scuro, a fiotti. Dietro di lui un uomo grande, incappucciato, e un altro, mingherlino, che si gratta le ascelle. Il sole, alto nel cielo - il cielo è azzurro - all’improvviso non c’è più. Dai rami cadono fiocchi di neve, dolci, zuccherati. Il cerbiatto si sdraia su un fianco, apre la bocca e mangia la neve che cade. I due uomini hanno scavato una tana. Il mingherlino raccoglie rami secchi. Quello grande rattoppa una camicia. Poi è buio nero. Squittiscono i topi.