a cura di Giovanna Frene
da casadolcecasa / domljubidom, con testo sloveno a fronte (Miraggi, 2021)
SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole
n°63
Dall’ingresso
È una fatica restare sensibili alla luminosità debole. Il peso è enorme per palpebre così sottili quasi trasparenti – quasi a offrire l’occhio invece che a proteggerlo eccitarlo alla sensibilità alla presenza continua e dilatante della luce L’impalcatura della palpebra è un aquilone e l’aria di tutte le ombre lo spinge verso sera a essere membrana che allaccia il nostro buio a quello della notte. La mia casa è una casa in cui nessuno si sente a casa un avanzato stato di imbarazzo che a spirale avvolge e fa rabbrividire – come a custodire una reazione naturale del corpo quando null’altro lo sostiene nel suo essere solo. Bacio stancamente ogni angolo e ogni spigolo come un rito a imbonire divinità iraconde indifferenti e permalose a seconda della Luna e del ciclo mestruale: sangue intatto scampato al sacrificio per sgocciolare devoto lungo i corridoi d’entrata. La mia casa è una casa in cui nessuno si sente a casa c’è una stanza che si sta costruendo da sé di mattoni rosicchiati e scaglie di marna di parole avanzate – cementate a scintille e impazienza e mancanza di cura. È una stanza circolare o forse ovale e c’è anche un angolo che regge la smania del fondopagina pochi istanti prima di girarla di leggerci la cicatrice del desiderio di un evento anche assurdo o grottesco o drammatico o anche solo desolato: uno spostamento d’asse una furia di cambiamento una ribellione di geografie manie di possesso chiusure spalancate e altri ossimori qualcosa – dentro. Io la guardiana – io la custode – io resa insana. Per te che esci e per te che torni la casa non sarà mai più la stessa sbatte la porta giorno e notte allo stipite scheggiato tu che entri nel mio fuggire tu che esci alla mia attesa. Fisso la geografia che porto tatuata sotto la pianta dei piedi sullo zerbino d’ingresso. La gatta lascia una pantegana in dono alla soglia. Dalla soglia della mia casa lancio un osso al cane. c a s a d o l c e c a s a
Dalla camera
Sì… sì… sì… Sono rughe le doghe del mio vecchio letto cigolano e sbavano solo quando mi metto il rossetto e aspetto il ritorno della Minchia di re: un pesce ermafrodita che deposte le uova come madre torna all’alcova come padre in perfetta aderenza alla natura. A noi i segreti e gli scheletri e gli orrori negli armadi fanno l’ossatura io ci tengo 12mila corpi celesti che cadono ogni anno in terra per attrazione fatale. Questo è il luogo dei gesti che crescono nella resa è un orto un giardino un’aiuola dove la terra è nera e pesa quanto i corpi innestati nel tronco dell’ulivo secolare. Qui tutto mi riguarda, guarda! riguarda anche te Qui tutto mi riguarda, guarda! riguarda anche te Qui tutto mi riguarda, guarda! riguarda anche te Il nostro dovere è fare della poesia corpo certo! qui! è così! altrimenti svanisce! La poesia impazzisce senza umori. Il nostro dovere è contare i pori le pieghe tra i lenzuoli stanare tra le rime gli odori ascoltare tra i suoni i rumori salvaguardare la vecchiezza combattendo la secchezza verginale con la spada e lo scudo dell’antibiotico naturale estratto dalla resina dei cuori cuori innamorati e non ancora impagliati. Bisogna liberarsi dell’intimità sostituirla con la cecità che privilegia legami olfattivi e indaga gli intarsi. Dentro il mio interno intero inverno sento la scure sospesa che poggia sul perno del sospetto difetto? diletto? maledetto! niente che non possa essere risolto a denti stretti dentro un letto! c a s a d o l c e c a s a
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090416
1 raccogliere un sogno mandare un segno aprire uno scrigno abbandonare un regno aspettarsi un pugno di giorno insegno temere un ragno dare un bacio in pegno sono nata in giugno imitare un cigno di te ho bisogno
230416
2 la forza d’animo cresce nella verità che è un pesce la mano fiorisce lui non capisce intorno tutto nasce e rinasce ma attento attraversa sulle strisce sui bordi le bisce la primavera ferisce il pianto ci conosce ma non unisce non ci riesce e ogni amore finisce… shhhh!
250416
3 mi piace chi tace perché non ha pensiero cerco la brace sotto la cenere della parole sono tenace e a volte feroce odio chi giace chi scuoce la luce chi invece è sempre felice ma resta incapace di fare la pace c’è intanto chi dice di affidarsi alla voce come a un saggio rapace che arrivato alla foce rinasce fenice