Di vecchie e nuove forme di censura | Fissando in volto il gelo

cura e introduzione di Francesco Terracciano
di Ivan Crico, Paolo Gera, Anila Hanxhari
per Fissando in volto il gelo (Terra d’ulivi, 2023)


Nella teoria dei tre poteri richiamata da Carlo Lottieri in Quale Tolleranza? Pluralismo e censura c’è un passaggio riferito alla circostanza “…l’idea che a fianco di un potere politico esisterebbero anche un potere economico e uno culturale, entrambi da avversare e limitare, starebbe da tempo minando le nostre libertà. Nella visione liberale classica o libertaria, al contrario, non c’è potere se non abbiamo una qualche forma di aggressione o minaccia. Esercitano un potere il brigante di strada o l’aggressore, così come il politico che impone il rispetto di una regola o il funzionario che afferma la propria volontà applicando una legge, ma la stessa cosa non si può dire per chi formula idee, sviluppa tesi, fa ricerche, diffonde informazioni. Nella visione liberale il potere è dunque uno: è l’uso della violenza su soggetti innocenti. Per questo in ambito culturale si è sempre guardato con favore al libero scambio delle opinioni, al confronto scientifico e alla tolleranza religiosa, mai ritenendo che esporre le proprie idee fosse un modo per aggredire il prossimo”.
Il liberalismo nella sua formulazione originaria, anche non escludendo l’accidente dell’utilizzo illegittimo della forza e della minaccia, elabora un concetto di cultura come mezzo di comprensione della realtà, un meccanismo virtuoso in grado di esaltare le caratteristiche migliori degli uomini, senza tuttavia legittimare la formazione come una modalità per dominare altri esseri umani.
Mi è sembrato importante citare quel testo perché, attualmente, la libera espressione sembra essere ostacolata o rigettata in forme più sottili e subdole.
La censura, intesa come forma di controllo sociale che limita la libertà di espressione e di accesso all’informazione, autolegittimantesi sul principio in base al quale determinate informazioni e idee possono minare la stabilità dell’ordine sociale vigente, sembrava essere uno spiacevole ricordo degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, quando le forze al potere esercitavano un controllo soffocante su ogni forma di espressione del pensiero e di rappresentazione artistica.
Così, quel rapporto tra forza, denaro e idee che è stato evidenziato nel lavoro di Lottieri al quale si accennava prima, appare attualmente ancora più pericoloso alla luce dei numerosi episodi degli ultimi tempi -che riteniamo gravi e comuni a più comunità- di limitazione della libertà di pensiero e di espressione.
Inverso -nell’assetto originario come in quello attuale- rifiuta ogni aspetto legato alla nuova censura alla quale assistiamo. Di seguito, un contributo a cura di Ivan Crico e Paolo Gera relativo all’antologia poetica ”Fissando in volto il gelo”, e uno scritto di Anila Hanxhari

Francesco Terracciano


Da Dante a Milton, da Manzoni a Montale, fino alla tremenda poesia di Zanzotto dedicata alla bambina morta nella strage di Bologna, la storia della poesia è costellata di versi dedicati alla più stringente attualità. Pratica che ritroviamo, ancora oggi, nei versi di giovani poeti. Riuscite o meno, sarà la storia a giudicare la qualità formale di queste denunce in forma di poesia. Per più di due anni le misure restrittive adottate dai nostri governi hanno impedito il normale svolgimento delle attività culturali, prima con lockdown accompagnati da deliranti normative e poi con il discriminatorio strumento del green pass (trasformato poi in super green pass), creando enormi problemi a chi viveva di cultura (fino a far chiudere per sempre molte imprese o addirittura a spingere al suicidio alcuni imprenditori del settore) ed impedendo a molti cittadini di assistere a letture pubbliche, concerti, visitare mostre, anche quando in altri contesti era ancora consentito radunarsi per svolgere altre attività. Potevamo star zitti di fronte a tutto questo? Far finta, per convenienza, che per noi andava tutto bene, tacendo di fronte a quelli che per noi erano palesi abusi di potere e inaccettabili discriminazioni? Questa antologia testimonia il disagio profondo di chi ha voluto manifestare apertamente la propria contrarietà rispondendo all’appello di Brecht: «Tuttavia non si dirà: i tempi erano oscuri / ma: perché i loro poeti hanno taciuto?».

Quando abbiamo annunciato ufficialmente l’uscita dell’antologia poetica ”Fissando in volto il gelo”(pubblicata da Terre d’ulivi edizioni, uno dei più raffinati e sensibili editori di poesia in Italia), a un certo punto i meccanismi dei social gestiti da Meta hanno impedito di procedere con le condivisioni di questa importante novità editoriale, che risultavano già molto numerose, rimuovendo di punto in bianco la gran parte dei post già pubblicati assieme alle note e ai commenti degli autori e dei lettori.
A una ulteriore indagine si è capito che i messaggi non si potevano inviare “per la presenza di contenuti segnalati come offensivi da altri utenti di Facebook” sul nostro blog. Ancor oggi ogni tentativo di relazionarsi con lo spazio virtuale che ospita in anteprima ogni nostra iniziativa viene negato. Come non è data a chi è censurato alcuna possibilità di confrontarsi con il censore. I profili delle persone che avevano condiviso contenuti presenti nel blog da quel momento sono invece costellati da improvvise sparizioni di post, vecchi e nuovi, perdita di visibilità, minacce di defenestrazioni temporanee o definitive.
Il nostro post ovviamente non riferiva niente di offensivo, ma riportava soltanto il titolo dell’antologia (con il sottotitolo, certamente critico ma lecito in un dibattito democratico, “poeti contro il green pass”), la lista degli 80 autori e una breve spiegazione per illustrare com’è stato concepito ed organizzato questo lavoro.
In molti sostengono che non sia più il caso di soffermarsi a parlare di certi temi, considerati come problemi ormai superati, ma quello che è successo testimonia che di alcuni argomenti si fa ancora molta fatica a discutere serenamente e chi ancora sostiene una posizione di aperta contrarietà o osa addirittura pubblicare un’opera che vuole essere una testimonianza artistica e storica del periodo (passato?) viene ostacolato e censurato.
Resta comunque umiliante dover ricorrere a continue autocensure e sotterfugi per poter continuare ad aggirare questi veti e far conoscere un’operazione culturale che, solo per fare qualche nome tra i tanti, accoglie poesie e riflessioni di alcuni tra i più importanti autori e studiosi italiani contemporanei, da Lello Voce ad Angelo Tonelli, da Federico Pier Maria Sanguineti a Ilaria Palomba.

Al boicottaggio sistematico sui social si aggiunge, inoltre, il silenzio assoluto dei quotidiani nazionali e locali, che finora si sono sempre rifiutati di recensire l’antologia e non hanno mai voluto segnalare, nonostante le numerose richieste, nemmeno le varie presentazioni che si sono svolte in diverse regioni del nostro paese.
A chi continua a dire che ci troviamo in un paese libero dove tutti hanno la possibilità di dire ciò che pensano, ci si chiede, alla luce dei fatti, come possa convivere questa affermazione con la quasi impossibilità di raggiungere, separati da mura sempre più alte di filo spinato, dei possibili interlocutori. Se alle persone non viene permesso di ascoltare ciò che uno dice, se non possono venire a conoscenza se non di ciò che i regnanti di turno ritengono sia lecito conoscere, di fatto quelle parole non esistono.
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, ci ricorda l’art. 21 della nostra Costituzione. Certi della sempiterna bontà ed attualità di queste parole, proseguiremo tenacemente per la nostra strada (trovando come già stiamo facendo anche altri spazi dove poter dare voce a tutti), convinti della necessità di garantire ad ogni persona la libertà di esprimersi come desidera in ambito creativo e nelle scelte di ogni giorno.
Speriamo che gli amici poeti ed intellettuali, qualsiasi sia il loro orientamento ideologico, possano mobilitarsi per far conoscere questo lavoro (anche in modo critico) e stigmatizzare queste forme di censura intollerabili in una moderna democrazia.

Ivan Crico e Paolo Gera


Farò una cosa che non faccio e non ho mai fatto, spiegare una poesia. (Le poesie non vanno spiegate, vanno comprese).

La poesia qui presentata (che fa parte del link bloccato dai social di Meta segnalato come incitamento all’odio) fa parte del mio libro “Brindisi degli angeli” pubblicato nel 2013, prima inserita nel blog del nostro gruppo e ora pubblicata all’interno dell’antologia “Fissando in volto il gelo (poeti contro il green pass). Ci ritroviamo ad avere a che fare con una parte di persone confuse, manipolate, mediocri, che segnalano poesie che non comprendono, come incitamento all’odio. Siamo messi così: loro segnalano perché non comprendono e bloccano cose che non capiscono.

“…benvenuta tra gli spari”: è così che il mondo oggi dà il benvenuto ad una neonata, un mondo ignobile di guerra.
“…le storie le racconteranno i sarti che infileranno negli aghi la nostra testa migliore”. Chi sono i sarti di cui parlo? Sono il pensiero dominante, coloro che scrivono la storia, le notizie da divulgare. Cosa fanno i sarti? Tagliano, cuciono, rammendano, notizie, fatti, storie e con questo le nostre teste e i nostri pensieri.
“…toglieteci la sedia sotto i piedi e lasciate che il collo si spezzi dal popolo”. Di quale popolo parlo? Parlo del popolo come quello a cui tu apppartieni, segnalatore seriale: sei tu quello che spezza la testa migliore, quella pensante. Mi vergogno di questo tipo di mondo in cui viviamo e che lasceremo ai nostri figli, di guerre che costruiamo a tavolino. Basterebbe una terra di confini (con)divisi da lenzuola, piuttosto che da fili spinati!

“molto prima di morire mio nonno mi disse:
la parola darla come un pugno che non ha la forza della morte, ma la forza della vita”

Una volta pure le formiche spiavano le sedute di pietra
ora sono sparite le soglie
con i nonni che affondavano il bastone tra le crepe
e le inferriate coperte di lenzuola
che dividevano le terre dei confini
testa a testa la sorte
il seno maturato dal latte in polvere
niente sconti per la vacanza
“benvenuta tra gli spari”
ce ne andremo con la neve
che fa l’inventario agli abbagli
le storie le racconteranno i sarti
che infileranno negli aghi la nostra testa migliore
toglieteci la sedia sotto i piedi
e lasciate che il collo si spezzi dal popolo.

Questa situazione di stato poliziesco di regime di controllo mi ricorda ampiamente il regime comunista vissuto in Albania, dove ogni individuo, vicino di casa o compagno, amico, erano probabili spie del regime, in nome della pulizia del valore del pensiero unico del partito comunista, ritenuto “madre” quindi generatrice, e educatrice della massa. Ma vivevamo in uno stato dichiaratamente dittatoriale, la dittatura del proletariato, dove l’individuo diventa giudice inquisitore e la mano sinistra che serve al regime per governare a lungo.
Invece ora mi pare di vivere in uno stato che porta l’abito democratico per vestire uno scheletro dittatoriale. Non possiamo fare finta di niente, perché il poeta ha il diritto, il dovere ma soprattutto il sentire della forza della parola e del pensiero per denunciare senza paura una realtà che va (ri)costruita in armonia con la coscienza e la cooperazione comune della fratellanza umana. Quelli che si girano dall’altra parte, e chiamati ignavi da Dante, oggi sono i politicamente corretti, che non prendono posizione per non rischiare. Sono i peccatori incontrati nel regno dell’oltretomba nella Divina Commedia. Quelli che non si schierano, per questo non li vuole nessuno, né il cielo, né l’inferno.

Anila Hanxhari

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