a cura di Nicola Barbato
da Vita d’un uomo. Tutte le poesie (Mondadori, 1969)
Casa mia
Sorpresa
dopo tanto
d'un amore
Credevo di averlo sparpagliato
per il mondo
In memoria
Locvizza il 30 settembre 1916
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
A riposo
Versa il 27 aprile 1916
Chi mi accompagnerà pei campi
Il sole si semina in diamanti
di gocciole d’acqua
sull’erba flessuosa
Resto docile
all’inclinazione
dell’universo sereno
Si dilatano le montagne
in sorsi d’ombra lilla
e vogano col cielo
Su alla volta lieve
l’incanto s’è troncato
E piombo in me
E m'oscuro in un mio nido
In dormiveglia
Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916
Assisto la notte violentata
L'aria è crivellata
come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle trincee
come le lumache nel loro guscio
Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l'ascolti
non vedendo
in dormiveglia
Girovago
Campo di Mailly maggio 1916
In nessuna
parte
di terra
mi posso
accasare
A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che
una volta
già gli ero stato
assuefatto
E me ne stacco sempre
straniero
Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute
Godere un solo
minuto di vita
iniziale
Cerco un paese
innocente