a cura di Giovanna Frene
da La specie storta (Tlon, 2023)
illustrazioni di Giuditta Chiaraluce
SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole
n°66
da La manovra dello sbando
Viaggio
«Alcuni affermano che prima di queste strane
partenze di bambini, di dieci in dieci anni, pesci, rane,
farfalle, uccelli erano partiti allo stesso modo, ognuno
secondo la propria specie.»
san Medardo di Soissons
La nostra arca è fatta di micelio. Molto abbiamo visto prima di imbarcarci: pietre fasciate come neonati. Pesci riconciliati alle nubi. Cose nascoste sin dall’origine. L’intero scrosto del tempo, e ciò che mai fu sottomesso a chiusura. Davanti a ogni paese abbiamo interrato un canto. Ora c’è solo il mare, il mare attorno. Ci allaga un carico di devastazione. Il secchio raccoglie pioggia opaca. Le ossa si son guastate a forza di remare. Tutto, ripetiamo, sarà concime per il giorno di festa. Scodella con latte nuovo, favo di miele, e frutto buono anche se dispari.
Tacete.
Qualcosa inforca l’orizzonte. E appare.

L’isola del Torcibudello
Non era qui che dovevamo finire: cerchiati da un giacimento di frane; sparuti per il troppo sbandare. Ma a noi hanno insegnato soltanto la manovra dello sbando.
Su quest’isola non c’è una buccia da succhiare, o un poco di cicoria per la povera minestra. Solo Lui che qui regna. Parla forte. Scolora. Scava nel pentimento. E se guarda, sradica la luce dagli occhi. Lo chiamano Torcibudello. Fu altre cose: l’inizio del polverume. L’Iguana che inghiottì il sole al tempo della prima estinzione. Poi l’Attosicato, l’Albero Patriarca. Ora ha gli Arresi come servi. Regola la calura del globo, e sceglie le dodici eclissi rivoltando il calendario.
Dice: «Voi spersi. Voi storti. Voi del mondo dei cocci. Voi del nerissimo mondo, non sentite come abbaia la terra? È molle la colonna che vi regge. È molle. Da troppi secoli cresce l’ammacco. Gli acini non danno più giuramento al vino, e nel midollo dei ghiacci bollono luride pesti. Fate un trito di lutti. Fate un impacco di notti. Fate le faccende della fine. Servitela bene. Siete scesi qua, tra cose arrese alla ruggine. Qua rimanete. Vi basta questo: d’arrendervi. La resa. Soprattutto… la resa.»
da Le fondamenta di Sodoma
Lepri a buchi, ganimedi, bestie torte, femmine
con ruggine: questo eravamo. Ora, nel fondo
a cocci del tempo, un altro tempo concede amnistia,
mette fine al censimento.
Ma quale ammenda ci darà indietro tutta la vita
già morta? Chi cancellerà il guasto che
sempre ci precede?
Un giorno di pace è più corto del
suo giuramento. Noi portiamo il monito
dove è più in vista.
*
L'arranco è a miriadi.
Ognuno ripete una
fatica soltanto
orizzonta-
le.
E adesso che l'uomo malanna,
che a grandi ondate s'inceppa
il meccanismo
scopritore di terre, resta da
inventare un continente
per quelli che furono estinti.
*
Nel secchio di rame
ci laviamo tutti.
Nel guasto secchio.
Nel secchio con la malva.
Nel secchio con l’iperico.
È la notte di san Giovanni
questa notte lunga quanto
noi.
Voi lo sapete.
Voi lo avete saputo.
Prima del secchio.
Prima del nome proprio.
Se questa formula bastasse al tribunale.
Se questa formula svernasse
anche l’offesa.
Noi la diciamo tre volte.
Noi chiudiamo la storia
della colpa.
