Francesca Saladino | I rami, i morti, i canti

introduzione e cura di Nicola Barbato
da I rami, i morti, i canti (Samuele Editore, 2023, collana Callisto, a cura di Elisabetta Zambon. Prefazione di Eleonora Rimolo)
fotografia di Giovanni Vanacore


‘I rami, i morti, i canti’ è il nuovo libro di Francesca Saladino, edito per Samuele Editore, nella collana Callisto, con la bella prefazione di Eleonora Rimolo.
La voce di Francesca è una voce fantasmatica. In quest’opera la zona di intensità sembra essere garantita dal rapporto particolareggiato che sussiste tra ciò che l’autrice sente e vede e le modalità con cui questo movimento sentimentale viene restituito nella tramatura dei versi.  Il processo di scrittura vede la poeta catturare un’immagine dentro di se: nel silenzio, la forma del sentire ha trovato un riscontro nel mondo del visibile ed è diventata altro, grazie all’ingresso in gioco della percezione («e le cicale che parlano in dialetto»[1]). Si tratta di un appaio obliquo, non coincidente, apparentemente retto da un nesso causa- effetto: ma nel dominio del qualcosa per qualcos’altro pare che l’evidenza sia, al momento della lettura, appena sfumata.  In Francesca, dunque, la poesia si configura come strategia della perdita o, meglio, del nascondimento: una manovra sapiente, effettuata sullo sfondo dominante della natura, specie nella prima sezione dell’opera, intitolata ‘I rami’. Qui la dimensione naturale, prototipo di una forma di vita altra, offre corrispettivi scenici e sentimentali, soffici («così tu rimanevi nel mio letto/ come neve sull’arancio»[2]) e massicci («mangio elefanti, piano, /con la forchetta/ da quando non si nascondono più»[3]) e la materia poetica è precipuamente lirica («Ho domandato agli alberi/ se avessero notizie di te»[4]).
Per quanto riguarda l’aspetto lessicale, abbiamo a che fare soprattutto con la costellazione semantica del corpo, che chiama in causa la carne, la terra, la distanza: «carezza la pelle dell’albero/ senza arrossire, pronuncia /scoprendone il corpo/ le cicatrici»[5]. Gli altri esseri del creato condividono il destino della poeta, immersa in una solitudine silenziosa, solitudine che la predispone ad un atteggiamento contemplativo, di resistenza e di ascolto: «anche il cane a tre zampe […] / privato delle carezze umane, / sognava allo stesso identico modo»[6]. La poeta non si risparmia nell’uso di artifici retorici, che informano i componimenti a tal punto da presentarsene come cifra caratterizzante: nella sede di rima l’autrice spesso predilige una baciata tra fine verso e il primo emistichio del verso successivo: «ho sognato la tua risata in cucina / questa mattina»[7] […]; «mi sono presa a morsi / i polsi[8]» […], etc. Ma è nell’orizzontalità che Francesca mette in porto delle esplosioni sonore, tra allitterazioni e consonanze rischiose e paronomasie ben calibrate: «il canto del manto verde[9][…] conto i passi che non posso fare/ sulle ossa che indosso/porto male/ i danni e la stasi: l’estasi […]»[10]. Una distesa di figure di suono e di ordine danno vita ad una vera e propria spettacolarizzazione della morte, che fa rumore mentre chi dice io mangia il gelato, nella poesia d’esordio della seconda sezione dell’opera, ‘i morti’. Nella nota dell’autrice che conclude il libro, Francesca chiarisce che qui la morte, «presenza costante e ciclica» durante la sua riflessione poetica, debba essere intesa «come cambiamento»[11]. Mi chiedo, quindi, se questa tensione al divenire abbia una qualche connessione con l’aspetto maggiormente orale dei testi che compongono la sezione: come se quella presenza richiedesse l’entrata in gioco della viva voce, che si concretizza nello scritto attraverso espedienti formali come l’anafora («Il padre è assente. / Il padre è morto[12]) e ripetizioni di lessemi, sintagmi o interi versi («Non ho lasciato un buon ricordo di me, /non ho preteso un buon ricordo di me»[13];  «non ho servito bene il mondo, / non ho servito bene il mare»[14]).  Non sorprende l’incursione dell’oralità nei versi dell’autrice: Francesca Saladino è sì una brava poeta, come ha dimostrato con l’opera di cui stiamo parlando, ma anche una performer nella dimensione slam, cantautrice e musicista (il suo progetto musicale è SANTAMARIA @iononsonosanta sulla piattaforma Instagram). Dunque, è interessante notare come la scrittrice faccia entrare in collisione dimensioni di diverso registro dando vita ad un risultato poliedrico, in cui si sono ormai smarrite le varie componenti originarie.
Infine, nell’ultima sezione dell’opera, intitolata ‘I canti’, emerge, ad avviso di chi scrive, il messaggio politico dell’opera: se nemmeno la presenza mortifera riesce a sospendere il vortice capitalista che sferza, allora si piangerà per rivolta: «se stai ancora piangendo /allora sei uno dei benedetti […] se sto ancora piangendo /allora mi hai benedetta»[15]; a dimostrazione che da soli non ci salva, ma serve essere almeno in due per fare luce, come Dante che guarda negli occhi di Beatrice la luce della grazia.


Da I Rami

Scesa a patti con tutti i demoni
per non odiarti ho lanciato l’anima
tra i boschi, che il lupo mi squarti
il tempo in quarti d’ora
di foschi eoni strazianti,
mangio elefanti, piano,
con la forchetta
da quando non si nascondono più.

Ho lanciato il corpo nel tuo letto
per saziarti, ma ho perso gli occhi
e non ho visto dov’ero, chi c’era.
Il corpo va dove deve,
l’anima piange dove può.

*

Vorrei avere una finestra
da cui guardare gli alberi,
a destra la vita che abita gli abeti,
a sinistra gli aceri.
Loro ed io
a distanza di tenerezza.

Da I morti

Sento il rumore della morte
mentre mangio il gelato,
la vita diventa peccato
se non hai difese di sorta.
È la colpa di non avere colpe
per sottrazione d’amore.

Resto parte del creato
in questo inutile stato:
sporco i miei abiti,
faccio il bucato.

Da I canti

La quinta figlia femmina
legata nella stalla
di fianco alle mucche
ha dovuto imparare
a infilare il dito nell’ano
della gallina – per sentirne l’uovo.
Sfilare nuda
con gli scarafaggi in testa.
Scuoiare conigli
e farsi piacere le cavallette.
Ecco,
la nostra condizione per essere amati.

*

E dal mondo mi cancello
come

[1] FRANCESCA SALADINO, I rami, i morti, i canti, Samuele Editore, collana Callisto, 2023, p. 18.

[2] Ivi, p. 15.

[3] Ivi, p. 16.

[4] Ivi, p.18.

[5] Ivi, p.24.

[6] Ivi, p.33.

[7] Ivi, p.15

[8] Ivi, p.31.

[9] Ivi, p.21.

[10] Ibidem.

[11] Ivi, p.68.

[12] Ivi, p.29.

[13] Ivi, p.33,

[14] Ivi, p.34.

[15] Ivi, p.57.


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