Teresa Murgida | Le ossa dei paesi

a cura di Lorenzo Pataro
da Le ossa dei paesi (Ensemble, 2024)


La notte era dei cani e degli allocchi
la voce del fuoco portava profezia.
Scesi severi dalle icone, gli angeli
cantavano versi nella casa,
sulla testa del cardo genuflesso.
Nessuno sentiva il suono, il cielo
soltanto, fioriva neve dalle crepe.

*

Questo nero fa la notte
rabbuia gli occhi delle case.
Porto i miei anni
all’inizio della strada
quando avevo le mani di cenere
e voce appena fatta.
Al crocevia del tempo rimangono
le volpi di tempere e matita
hanno ancora il pelo fulvo
non corrono leste come allora
restano ferme quando mi avvicino.

*

Santa Teresa di castagne e pane
la bambina dorme nella paglia
distante dalle gregne nel campo.
La luce è una funambola trai rami
sacro nella pancia del bosco è il passo
la gobba della luna calante
lacrima che si asciuga e si riversa.
Tuo padre dice: vento maligno,
le olive se le mangia la terra.

*

L’orazione ha un incanto e uno spavento.
in preghiera le nocche sono alture
monti sporcati dalla Sulla.
L’incenso abita la muffa della nicchia
l’abito talare, il chiodo della croce.
La chiesa è una madre disattenta
affida al vento la voce delle sue campane.

*

I morti ci guardano dalla finestra
respirano come fa il vento quando
sfiora il crocicchio del paese.
Senza dita vogliono toccare
il pomello della porta, il vetro.
Tentano invano la parola, il verso.
Scrivono senza inchiostro lettere
sui muri bassi delle case, chi vive
legge i segni la mattina presto
nelle scie chiare delle lumache.


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