Separarsi da un tutt’uno immaginario,
sia esso scintilla o autunno in diradare.
Veder ghiacciare il sole tra i rami di sambuco
affinché bianche divengano le vene.
Custodire il suono del cielo
nell’edera che sale, nascondervi l’ipotesi
del poter venir via ogni volta dall’incastro senza
precipitare nell’ultimo quarto di sgomento.
Inseguire la fuga dei minuti e per questo
alzarsi di notte nel tentativo di riprenderli. Scrivere
al buio, ché il buio non fa male e la sua informe
realtà rende geniali.
Così sognare di restituirsi, di comunicare
col mondo senza parlare. Intercettare gli angoli
della stanza e cancellarli, poi lentamente sbrigliarsi
fino alla gioia.