Antonio Bux – Cose di mare

I


Il mare, vedi com’è calmo,
com’è vasto nel suo finire altrove.
È un’onda che si perseguita e che resiste.
Esiste ben due volte. Ora vedi senza calma,
ora vedi senza fine, le sue dimensioni
sono ciò che è tuo per sempre.


Ma tutta questa calma, dove lo porterà,
dove la sua risacca sconfina e avviene?
Forse nella profondità di un’anima
che è sola e irraggiungibile, ed è dovunque.


Sì, c’è un’anima sola per sempre ma che è di tutti.
E da sola spegne il mare, è da sola che lo avvera,
sempre da sola poi lo muove e ce lo mostra vivo.
Ma sarebbe l’anima, o del reale, il reale dell’invisibile
che è stare qui, a disegnare il mare, anche se dorme?


Dorme qui da sempre un mare che si dice d’anima.



Dorme profondamente e si risveglia solo se scrive
con la mano calma, profonda come ad essere da sola,
quando da sola se ne osserva il mare, senza futuro.


E tu lo vedi il futuro, come un mare asciutto dentro.
Lo vedi visitare in sogno, una marea che si protegge
arrivando, una marea che è più grande in cielo.


Perciò il cielo sta osservando, se scrivi e sogni ora,
come nelle acque, chissà eterne, e questo mare
di profilo che si illude d’acqua.


Ma tu vedi com’è calmo stare qui, da soli e eterni
ad inventare altrove un mare vissuto interno.
Vedi anche com’è invisibile, com’è che forma ossa
carne e mente o, a volte, anche un pensiero.


Vedi come visibile respinge e chiama
il pensiero che si è anima da sempre, questo pensare
che si è qui come sta qui il mare; per pensare
due volte di esistere noi uguale, come parti insieme
ad osservare il cielo com’è che si avvicina al vero.


Ma è solo solitudine, è solo un mare bagnato
che non bagna, se non la sua metà di vita.
È la solitudine di come un’anima si attracchi

alla sua riva e non protegga che un pensiero
sopravvissuto al vento e alla mano arresa.


Così ora senza calma, e domani con la calma,
si distenderà qui l’acqua, come anche di vita
forse, e un cielo a metà diviso farà
respirare bene, farà stare il sottosuolo in pace.


II


Parte dal pianto
il campo che da qui al mare
forma acqua, vapore,
immagini lente; (una donna
con gli occhi blu, il seno aperto
dove sono le mani, che sogno
se venisse dal mare il suo amore…)


Ma il campo non si apre se non
piange tutta l’acqua, se non fa il corpo ala
con quella donna appena nata
se non fa i suoi occhi blu nel sogno
addormentare mani piedi queste parole


Le parole formarsi di donna, ma sola, lei

sotto l’acqua con occhi blu se ama
non la pelle di un uomo ma la sua brama,
il suo essere acqua lì stare per poco;


per questa parte di tempo
il campo che qui si vuole amare
non dentro la parola ma nello sguardo
blu di chi si tuffa altrove
è la verità di un vapore il corpo
ad aspettare una donna strana
e come lei un uomo

Versi tratti da Sasso, carta e forbici (Avagliano editore, 2018)


così sia venire dal mare
e non formare per forza parole così sia
essere eterni d’acqua se colora
il blu gli occhi e dentro gli occhi amore.

3 Comments

  1. Un parallelo, singolare la sua parte, fra pensiero e mare. Entrambi maschili di genere, e soprattutto, molto, ma molto caratteriali quanto a personalità. Un gioco audace, ma possibile quando il pensiero, come tale, eleva le proprie ali verso l’orizzonte del mare ed oltre, e di molto. Una volta esondato, inonda di sé quell’oltre mistico e misterioso inebriato dal fattore onirico-esistenziale , direi quasi variabile indipendente, la quale stranamente gioca col mare e con esso si confronta. Alla pari. Codesto gioco delle parti apre un discorso non relato al solipsismo, ma dialogante, per l’appunto che potrebbe durare tanto o poco a scelta del lettore attento, ovviamente. Una interessante prova di scrittura da approfondire ulteriormente seguendo l’evoluzione dell’Autore.

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