Gianni Ruscio – Due poesie

Fammi la tua verità. Fammi inorganico. Rendimi opaco. Cieco. Sei tu la sconfitta dei miei occhi. L’unica. Sconfitta che genera ritorsione del nulla dentro al nulla… unico sbocco che in me vede senza guardare. Guardami, guadami e per i tuoi demoni fammi libro e costellazione.

*

Quando mi sollevi dalle cronicità che stanno ammassate nel cantuccio
di sempre, se non mi sbaglio tipo ho dimenticato la maionese, ho fatto cadere il succo in terra, mi sono nascosto per non ricordare, per non dover ricordare all’improvviso le tue mani si allentano nel petto, e questo potrebbe anche esser tenerezza, se poi non cominciassero a impingersi esondando in tutti gli asili e le invisibili altre cure, muse. Iniziano allora a sfolgorare le tue dita a stringere ossa e semi ed empatia senza pesare la loro conseguenza, e per fare l’amore giochiamo a far così:



tu liquida che ti concedi sopra il vento un invito al viaggio un maestoso rientro giù nella gola della nostra nudità nella culla frangibile della pietà e dell’innocenza. Oppure e ancora
sotto quell’arco disilluso in mezzo alla stanza di tutte le stanze che non abbiamo conosciuto, spingere il faro furente della notte verso la quiescenza, lasciarlo afflosciare acquattato in quest’alba che nell’intimo
si finge il tramonto del domani.

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